Ci sono libri che sembrano nascere come oggetto di curiosità e poi, “aguzzando la vista”, scopri che sono una piccola miniera in grado di interessare un ventaglio di lettori ampio e polivalente. È questo il caso di un volume pubblicato dalla Graphe.it Edizioni di Perugia e scritto con sapienza e puntiglio da Paola Biribanti, Aguzzare la vista. I maestri del cartellonismo nei classici del cinema italiano (2025). Il titolo è un invito a cogliere il particolare sullo sfondo scenografico nei film d’epoca che ormai passano in tv ciclicamente, l’obiettivo è quello di riesumare da un ingiusto oblìo quei disegnatori pubblicitari (e non solo) che hanno segnato la storia dell’industria italiana per buona parte del Novecento e che il cinema ha utilizzato prima che nascesse il problema della “pubblicità occulta”. Così l’autrice, studiosa di Storia dell’Illustrazione, ricostruisce i profili di artisti prestigiosi quali, tra gli altri, Gino Boccasile (l’uomo del formaggino Mio anni 50 e del torrone Sperlari), Marcello Dudovich (Mandarinetto Isolabella, Vermouth bianco Martini & Rossi), Federico Seneca (Agip, Baci Perugina), Armando Testa (Carpano, Punt e Mes), collocandoli nel contesto storico e documentando il loro operato con tavole fuori testo e fotogrammi dai film. Dal cinema dei telefoni bianchi agli anni Settanta ripercorriamo quindi circa mezzo secolo di storia italiana attraverso le immagini create da Mario Camerini e Vittorio De Sica, Luigi Comencini e Dino Risi, Luigi Zampa e Pietro Germi, Mario Monicelli ed Ettore Scola. Da Gli uomini, che mascalzoni… (1932) ad Amici miei (1975)Paola Biribanti ci accompagna attraverso un itinerario gustoso, ricco di notazioni e spigolature che incrociano sociologia e costume, storia del cinema e dell’industria italiana. E quando la cartellonistica scompare dai film insieme al tramonto del Carosello televisivo, sappiamo che la pubblicità è diventata spot, video musicale e altro. Al termine di questa lettura chiara e documentata si è avvolti da un vago sapore nostalgico, come se avessimo lasciato alle spalle un modo più “gentile” di vivere e fare propaganda. E il saggio conclusivo di Erik Balzaretti aggiunge un ulteriore tassello alla già ricca documentazione testuale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *