L’autore
Classe 1976, viterbese di nascita ma umbro d’adozione, Roberto Contu è docente molto dinamico nel mondo della scuola, con all’attivo testi di didattica della letteratura e perfino un manuale della Palumbo, autentica palestra che gli è servita per la stesura di questo romanzo uscito a marzo, dopo averne pubblicati altri due sempre per l’editore Castelvecchi: Il Vangelo secondo il ragazzo (2017) e La tigna (2021). Con Matta impresa di Antonio Minutolo letteratore italiano Contu fa un salto mortale carpiato con doppio avvitamento, dando alle stampe un oggetto sceso sulla terra narrativa da un altro mondo, una sorta di libro “volante” di assoluta originalità anche nella reinvenzione del linguaggio.
La storia
L’autore confina la vicenda in quell’Ottocento risorgimentale così amato da Luciano Bianciardi, osservandolo però da un punto di vista “conservatore” e inacidito, quello del letterato dilettante Antonio Minutolo, formatosi nella scuola napoletana e borbonica di Basilio Puoti, dove però subisce l’umiliazione del più prestigioso (e votato al successo) Francesco De Sanctis. Così il declino del Regno duosiciliano diventa anche la declassazione di Minutolo e della sua famiglia, e ciò lo indurrà a progettare, nel 1864, la “matta impresa” del titolo: un viaggio da Napoli a Torino (passando via mare per Genova) al fine di vendicare lo scorno subìto andando a sgozzare quel De Sanctis che addirittura è stato accolto nel Parlamento del Regno Sabaudo-Italico. Nel fatale road revenge però, e qui viene il bello, Minutolo si troverà accompagnato da cinque personaggi letterari che quel tempo hanno vissuto sulle pagine: ‘Ntoni Toscano di verghiana memoria, la tarchettiana Fosca, Luigi e il figlio Andrea Sperelli quali creature dannunziane, il collodiano Pinocchio. Tutti hanno la loro ragion d’essere e il viaggio si sviluppa tra naufragi melvilliani con riferimenti all’oggi e scorribande nei regni danteschi e ariosteschi, fino a tornare sulla terra tra Genova e Torino, in un prefinale imprevedibile tra verosimiglianza storica e magìe risolutive che anticipano la commovente chiusura del memoriale scritto dal protagonista, sorta di confessione che rimanda a Ippolito Nievo.

Una pluralità di generi
Come si sarà intuito, ci troviamo di fronte a un’opera metalinguistica che raccoglie più generi di romanzo. Infatti la Matta impresa è senza dubbio un romanzo storico, frutto di attenta documentazione e riscontro di un verosimile anche letterario (i luoghi attraversati dai personaggi nel 1864, che fa di Contu una specie di enigmista della narrativa italiana): le brevi e precise digressioni di carattere storico-sociale sono quanto di meglio potrebbe fare un buon insegnante di liceo, chiaro e arguto. Il libro è anche, poi, un romanzo di avventura con riferimenti a Conrad e Melville, Dumas e Dickens con continui accostamenti e invenzioni; è chiaramente un’opera fantasy, con mostri danteschi e magie ariostesche, combinazioni che si devono all’elemento più fiabesco e irrazionale del racconto, cioè il burattino Pinocchio. In ultimo, il romanzo è in fondo una storia adulta di formazione, con Minutolo inetto quasi sveviano che, grazie all’esperienza folle maturata anche attraverso il memoriale, può guardare al tramonto della sua vita con uno spirito di raggiunto equilibrio e rinnovata serenità.
Una lingua calco ottocentesco
La natura sorprendente di questo romanzo non è solo nelle “matte” invenzioni narrative e nei colpi teatrali, come ad esempio quando Pinocchio viene utilizzato come remo dal robusto marinaio ‘Ntoni nell’attraversamento dello Stige infernale, ma anche nelle scelte linguistiche: un sapiente e fascinoso calco ottocentesco che dà un sapore retrò al capitolo introduttivo e rimane poi, tra una citazione letteraria e l’altra, come sostrato per tutto il racconto. Così il libro diventa anche una specie di gioco con cui riconoscere i luoghi dei nostri studi scolastici, una scorribanda di frasi, versi e situazioni che rianimano il nostro passato e “salvano” la nostra memoria di studenti ora attratti ora respinti ma sempre incuriositi dall’abile esercizio di recupero che ne fa l’autore, vero e proprio demiurgo di questo divertissement letterario.
Un’operazione unica nel panorama odierno, riscaldata dall’affetto per i personaggi
In pratica tutta (o quasi) la letteratura italiana viene riattraversata da Contu, con presenze più o meno ricorrenti che riguardano, come detto, anche poeti e scrittori stranieri soprattutto tra Sette e Ottocento. Se può colpire l’assenza di Petrarca (ma l’amore non è certo la molla principale del racconto ed è comunque citato il petrarchismo femminile con Chiara Matraini), incuriosisce e diverte la presenza di situazioni che hanno a che fare con la fisiologia del corpo: la fame, la sete, i bisogni primari ricorrono nel romanzo e guardano a modelli dell’anticlassicismo letterario, come Pulci e Rabelais. Come già accennato, sono Dante e Ariosto a dettare le vicende nella parte centrale del romanzo, con l’arrivo dei personaggi nella dimensione infernale e poi con la risalita verso la Luna, dove i sei protagonisti incontrano un Galileo finalmente atterrato su quel pianeta a lungo osservato con il suo cannocchiale. Ma l’Ariosto detta in qualche modo anche il meccanismo narrativo, basato su quella “inchiesta” ereditata dal poema cavalleresco e distribuita nell’Orlando Furioso tra chi cerca l’oggetto desiderato e chi fugge per ottenerlo. Qui due personaggi cercano la vendetta, ma è soprattutto ‘Ntoni a fuggire i gendarmi della Marina Militare che lo inseguono e a muovere tutte le fughe della compagnia, in un continuo rilancio del movimento narrativo. Attraversando storia, fiaba e letteratura, Contu costruisce un’opera che credo sarebbe piaciuta a Italo Calvino e che appare oggi merce rara nel panorama del romanzo italiano, proiettato verso i porti sicuri del giallo, dell’autobiografismo o di vicende che nascono da episodi più o meno oscuri della storia recente per rivitalizzare spesso figure femminili in un contesto di emarginazione e conflittualità. Qui l’operazione è diversa e molto personale, fatta della materia di cui sono fatti i sogni letterari, senza che tutto si riduca però a un freddo gioco fine a sé stesso. Perché dopo l’ultima parola, lasciando al suo destino Antonio Minutolo, sale nel lettore un groppo, un tenero velo di tristezza pur serena: è l’emozione dei romanzi che hanno un’anima, perché Contu ha amato i suoi personaggi ed è riuscito, almeno per poche ore, a farceli amare lungo questa “matta impresa” che spero possa trovare molti matti lettori e diventare, nel giusto tempo, un piccolo caso letterario.

Lascia un commento