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Ragliani è un poeta assoluto che usa la lingua a frusta, schioccando. Schioccando sulla propria carne. E questa volta la carne canta in dialetto con una voce corporea aspra, diretta, sorta dal proprio dolore incistato, radicato nel proprio corpo, oltre. Oltre, fin dentro la terra, nella dimora dei semi. Il sentire la morte senza abbassare…
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Segnalo questo cammeo lirico cesellato da un poeta serissimo, vocato a un’essenzialità scorticante e scorticata, cristica. Lo spogliamento da ogni eccedenza si verticalizza su un’asta lirica attraverso la quale il canto si manifesta nella pagina. Come una croce lampante. Rispondono i quattro chiodi, Clavis affigitur cruci, di Andrea Nicolato, come segni estratti da ogni quotidiana…