
Tra una bracciata e l’altra, nelle mie lunghe nuotate a Cesenatico, mi sono spesso interrogata sul come poter iniziare questo articolo, finché un giorno mi son chiesta “perché non partire proprio da qui, dall’acqua?”.
Come probabilmente molti di voi sapranno essa è costituita da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno (H2O), una formula semplice, ma con una storia cosmica sorprendentemente varia.
L’idrogeno, il più semplice degli elementi, costituito da un singolo protone e un elettrone, si è formato agli albori del tempo, quando ancora il nostro universo era un neonato in fasce. Ed è proprio qui che comincia la nostra storia: un milionesimo di secondo dopo il big bang.
In questi fugacissimi attimi, grazie alla repentina espansione dell’universo e, dunque, a una
diminuzione della temperatura, si è riusciti a passare da una brodaglia di particelle elementari incandescenti alla formazione dei protoni e dei neutroni. Questo avvenne una volta che la
temperatura scese sotto i 1013 Kelvin.
La storia dell’idrogeno però non è che appena iniziata, in quanto ci vorranno 380.000 anni prima che l’universo sia abbastanza freddo da poter finalmente permettere agli elettroni di unirsi ai
protoni. È esattamente in questo momento che vengono alla luce i primi atomi di idrogeno neutro, elemento più abbondante nell’universo.
Per la formazione dell’ossigeno bisogna, invece, attendere che le nubi di idrogeno si addensino a sufficienza per poter generare le prime stelle.
A seconda della propria massa, una stella, quando sarà prossima alla morte potrà avere diversi
destini. Per esempio il Sole diventerà una gigante rossa, espellerà i suoi strati più esterni e lascerà un residuo stellare denominato “nana bianca”. Non preoccupatevi però, questo avverrà tra circa 5 miliardi di anni!
Se, però, la massa supera almeno otto volte quella del Sole si avrà una fine molto più cruenta e spettacolare. È proprio all’interno di queste stelle che si insinua l’origine dell’ossigeno e di tanti
altri elementi chimici. In questo caso si formano le condizioni necessarie per fondere il carbonio in ossigeno e proseguire così fino ad arrivare al ferro, il fatidico ventiseiesimo elemento della tavola periodica. Esso è il perfetto killer stellare, in quanto la stella, bisognosa di energia per
autosostenersi cerca disperatamente di continuare il suo ciclo di fusione. Il ferro, birbante, però
gliela ruba proprio da sotto al naso. Ciò avviene in quanto la produzione di questo elemento sottrae energia alla stessa stella, invece che produrla. Quest’ultima, senza una fonte che la alimenti è
destinata alla morte immediata: gli strati esterni esercitano un’altissima pressione su quelli più interni e, se non viene più prodotta energia nel nucleo, essa non riesce più a reggersi.
È così che si generano le supernove, immense esplosioni stellari. In pochissime frazioni di secondo il nucleo collassa sotto al proprio peso, mentre gli strati più esterni vengono espulsi violentemente nello spazio, ed è proprio grazie a questo che il nostro ossigeno riesce a far capolino nell’universo.
Adesso pensate, tra un respiro e un altro, tra una nuotata e l’altra, a quanta strada abbiano fatto l’idrogeno e l’ossigeno prima di potersi incontrare, quanti miliardi di anni hanno dovuto vagare
sperduti nell’universo prima di potersi depositare su un ordinario pianeta roccioso, orbitante attorno a una stella di medie dimensioni, situata in una galassia non particolarmente diversa da tante altre.
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