Sono nato a Modena nel 1948 da famiglia di contadini, poi mi sono trasferito a Campogalliano nel 1955 e dal 1971 sono tornato a Modena dove vivo tuttora. Ho sempre avuto la passione della fotografia e dei video da telecamera. Negli ultimi anni ho fatto vari filmati e l’anno scorso ho partecipato ad un concorso nazionale con il corto Il tempio della felicità.
Per anni ho atteso che venisse fatta una legge sul fine vita perché negli ospedali, negli hospice, nelle strutture protette e a casa, sono state migliaia le persone che hanno affrontato con grande sofferenza malattie inguaribili. A queste persone non è stato permesso, quando erano in grado di intendere e volere e in totale libertà di scelta, di esprimere il consenso o il rifiuto rispetto ai trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali, attraverso un apposito dispositivo legale. Oggi La Legge n. 219 sulle “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” (DAT), lo permette. Questa norma è il prodotto di un percorso iniziato negli anni ottanta, che intreccia questioni sanitarie ma anche posizioni valoriali, rispetto alla tutela del diritto alla salute e ai modi attraverso i quali essa può esprimersi e realizzarsi. Se diverse possono essere le valutazioni su come la legge affronta temi cruciali quali: la salute, la cura, la dignità e il rispetto della persona, la legge sul fine vita, costituisce il riconoscimento della capacità e del bisogno basilare di ogni persona di esprimere un proprio progetto di esistenza, in qualunque fase della sua vita, anche e soprattutto, quando si trova in una condizione di estrema fragilità. Le DAT sono redatte dal cittadino in piena autonomia e depositate presso il Comune di residenza. KKKK Queste disposizioni sono una libera scelta del cittadino che le può fare, modificare o ritirare in qualsiasi momento. Ho deciso più di 10 anni fa, di fare una scelta quando non c’era ancora la legge, e nonostante questo vuoto, alcuni amministratori sensibili ai temi civili, avevano iniziato a raccogliere e registrare le DAT. L’ho fatto perché mi voglio bene e non vorrei soffrire oltre misura quando la medicina scientifica non ha più nulla da proporre e non vi è più speranza di guarigione. L’ho fatto con lucidità, nel pieno delle mie capacità, perché questo diritto non va esercitato nella situazione di paura, bisogno, disperazione o difficoltà ma quando si è nel pieno delle facoltà cognitive. L’ho fatto quando ho maturato il concetto che la morte fa parte della vita, quando ho capito che la morte è il momento più importante della vita. Trovo estremamente giusto come e dove finire la mia vita. Ė stato un percorso culturale e psicologico molto lungo, difficile, ed è stata dura immaginarmi prossimo alla morte; molti dicono e sperano nel buon Dio, in un colpo secco ecc., e comunque di non essere nella condizione di riflettere su queste tematiche. La morte resta uno dei temi tabù dei nostri tempi e questa legge fatica a smuovere le coscienze. Voglio prendermi la responsabilità di prevenire il dolore sotto tutti i punti di vista. Voglio difendere la mia dignità, difendere il diritto alla dignità, chiedo il diritto di esprimere le mie emozioni, di essere sollevato dalla sofferenza, di essere considerato persona fino alla morte; Per fare questo ho scelto due fiduciari che oggi mi danno la garanzia che faranno di tutto per far rispettare la mia volontà, quando non sarò più in grado di esprimermi. Non voglio un accanimento terapeutico teso al permanere della mia agonia. Il medico deve essere il custode della mia libera scelta e non deve perpetuare una vita artificiale.
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