Mi è capitato, negli anni, di scrivere a Luisa Muraro.  E di ricevere risposta.    Con le scuse per il ritardo!!   “Cara Luisa -la rassicurai quella volta – a me dà una grande libertà questa circolazione epistolare, che non è a stretto giro di posta, ma a largo giro di vita     Non c’è ritardo e non c’è fretta…”  La data era 30-XII-13

E il 12-5-25 mi è arrivato un pacchettino che conteneva Esserci davvero. 

Non era una lettera non me l’aveva spedito lei   era un Quaderno di Via Dogana appena pubblicato conteneva una intervista datata 2003     Eppure   eppure l’ho letto come fosse una lettera indirizzata a me, con la curiosità, la partecipazione

 e la sorpresa di conoscere aspetti nuovi e vicende personali di una donna, di una filosofa, che considero mia maestra non solo di pensiero.   …Non c’è ritardo e non c’è fretta…      La memoria torna, il tempo si snoda, ricompare la gratitudine per la vicinanza che Luisa Muraro ha manifestato per l’Ordine della Sororità dopo la morte di Ivana Ceresa, che ne è stata la fondatrice, in forza anche della stima e dell’amicizia che ha avuto per lei.

È che in Esserci davvero si intrecciano molti fili e si incrociano molti specchi e si squadernano le molte relazioni costruite negli anni e si fa fatica a metterne in evidenza solo alcune

Mi piacerebbe partire – e non sembri stonato o irriverente – da una parentesi aperta e chiusa a pag. 57 – a proposito delle discussioni che precedettero la stesura di Non credere di avere dei diritti. “Allora, – scrive Muraro – ci trovavamo nel sottoscala della Libreria, in via Dogana 2, sottoscala che all’epoca aveva più correnti d’aria, ma eravamo comunque molte   riunite in un posto così… (io sono claustrofobica), e si discuteva. Si discuteva e io prendevo appunti.”

  Ho trovato, in quella dichiarazione tra parentesi, una richiesta – non solo fisica – d’aria: non volersi chiudere in spazi angusti, polemizzare anche confliggendo per aprirsi varchi o vie di fuga,  fino a raggiungere l’aperto – dove l’aperto  è anche l’Aperto, così che spostarsi diventa non essere dove gli altri credono che tu sia, fare la schivata, non coincidere con quello che era previsto, prescritto, promesso  pensato di te, praticare un nomadismo di pensiero che è la condizione per non farsi intrappolare dall’ideologia    perché c’è altro  o Altro

In un testo – che abbiamo considerato prezioso così da chiederle di poterlo inserire negli Atti del Convegno su Romana Guarnieri dell’ottobre 2022 a Bologna – intitolato Come quando si accende la luce, Luisa Muraro riprende nelle ultime battute la domanda “Che cosa ci sarebbe da fare? Una schivata, come gli animali inseguiti dai predatori, uscire di colpo dalle traiettorie del potere e saltare nella mancanza: di organizzazione, di successo, di prestigio, di dottrine, di nomi propri…in una parola, mancanza di tutti i surrogati. Così che ci nasca dentro e ci venga incontro da fuori la rispondenza tra le cose che viviamo e le parole che diciamo, dalla quale si accresce l’essere di ogni cosa che è…”

E da qui nasce anche la scrittura: si vede bene nello scambio teso e vivace – riportato con felice complicità a pag.45 – tra la filosofa e Clara Jourdan, l’intervistatrice, che le chiede “E’ come nella pratica politica delle donne di rigiocare al presente cose che sembravano chiuse nel passato? Tu fai questo nella scrittura, cioè è la scrittura che ti fa questo?” Risposta: “Sì, ma non è solo la scrittura, perché può esaurirsi la possibilità di scrivere…Ho preso la pratica politica delle donne come forma simbolica che mi permetteva la scrittura…Comunque non si scrive mai lo stesso: solo gli scrittori standardizzati, non certo io che scrivo per salvarmi l’anima. Io scrivo per salvare qualcosa che ha il valore dell’anima per le civiltà religiose, scrivo per non essere dannata. Chi scrive per salvarsi l’anima è chiaro che ogni volta ne va di tutta la faccenda, ogni volta.”

 Si tocca qui, se pure da lontano, quello che in altri termini e in altri libri lei chiama mediazione vivente, che le mistiche di ieri come di oggi hanno insegnato “… aprendo il passaggio al pensiero di altro… ma non basta dire che fanno nascere pensiero. Nel vuoto di una mancanza incolmabile e accettata, esse ospitano l’incontro fra le cose che capitano a caso e per forza, con la loro possibilità di libertà e di gioia, e quello che rendono pensabile comincia già a essere.” (da Il Dio delle donne pag.157) 

La ‘mia’ lettera, quella che pretendevo indirizzata a me, che è questo quaderno rosso che tengo tra le mani, si è rivelata così ramificata da toccare la storia del femminismo italiano, e non solo, degli ultimi cinquant’anni, da interessare le tante lettrici e lettori che hanno condiviso gli stessi passaggi storici e culturali, da spostare continuamente l’orizzonte e fare intravedere paesaggi ancora sconosciuti, da rivelare connessioni imprevedibili con l’oggi.

 Il quaderno – nella prima metà, che precede l’amplissima bibliografia- si va ora configurando ai miei occhi come una mappa: una mappa – e ancora Muraro mi addita il lavoro delle Preziose – che non può che essere  la Carte du Tendre    Una mappa, dove anche i sentimenti hanno una geografia, dove il paese di partenza si chiama Nuova amicizia; lo attraversa un fiume di nome Inclinazione e verso la foce si aggiungono altri due fiumi, Riconoscenza e Stima, si attraversano villaggi piacevoli e non (bontà, sincerità, orgoglio, oblio…)  in un percorso comunque verso l’amore.

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