Dieci anni dopo la prima edizione, viene ristampato da Kaba Edizioni Caro diario azzurro di Anna Maria Farabbi. È un bel libro per bambini e ragazzi, scritto con una prosa ricca di poesia, denso di temi importanti, anche se mai esibiti in modo eclatante, ma piuttosto suggeriti quasi a latere della vicenda, comunque in modo che restino impressi. Penso alla tradizione delle trisnonne e nonne di Lilli, guardiane del faro, che salvano i marinai in difficoltà e da ultimo i barconi dei migranti; penso alla suora ‘merlaccia’ che sembra cattiva e che poi si lascia vedere per quello che è, capace di affetti; penso a quegli interessanti adulti (e non solo comparse) che sono suor Cicci e Saro; penso alla tematica forte della condizione di perseguitata ebrea di Lilli, qui intrecciata e tradotta nel suo infantile sogno che trasfigura l’assenza della madre, nella costruzione mirabolante del volo per la fantasiosa fuga, e che resta quasi innominata, sottintesa e trasferita alle difficoltà dell’orfanatrofio. Diventa realtà concreta nella vicenda avventurosa della vera fuga dai tedeschi, narrata da Lilli a Ninni. E più ancora nel messaggio che gli lascia alla fine della vita. Lilli è infatti un personaggio positivo, che non si lascia abbattere né dalla punizione nel “grottino”, né dalla durezza iniziale di Suor Ginevra, né dalle recriminazioni per il dolore patito di perseguitata. Lilli realizza un percorso esperienziale dall’io al noi, percorso che non è tracciato da idee astratte, teorizzazioni filosofiche o ammaestramenti etici. L’io ha un posto naturale nel noi, non ne è cancellato, vi si completa.  La necessità di arrivare al noi e è quella di prendere consapevolezza della ricchezza che viene comunque dalla connessione con gli altri, per farne forza da arginare il male, la violenza, la sofferenza. In Caro diario azzurro, nonostante la centralità della protagonista Lilli, che parla e scrive in prima persona, è importante tutto ciò che le sta intorno: bambini, suore, scultori di tombe; ed anche bellissimi angeli, che la completano nel rischio e nell’avventura, la salvano. È infine nel noi della specie umana che Lilli si completa, come è evidente nel messaggio che lascia a Ninni, quando gli chiede di non santificare un noi-di-popolo, anche se tanto ha sofferto, soprattutto se il rischio è l’opposizione ad un qualche voi-nemico. Il messaggio chiave del romanzo arriva alla fine, quando i nodi narrativi sono del tutto risolti, cioè quando i passaggi spaziali e temporali più che a reali e sicuri luoghi di salvezza (dai genocidi nazisti, forse, dalla violenza, no), hanno portato all’esperienza di un rifiuto più consapevole: insieme alla non accettazione, alla resistenza al male, anche sono scaturiti un impegno ed un’apertura universale al bene, all’amore, che supera il piano individuale. Dice Lilli a Ninni:

Se abbiamo molto sofferto e siamo stati vittime, non ci è permesso diventare carnefici. Chi si salva ha il dovere di testimoniare un’altra via al di là del male. Ricordalo. Non penso solo a noi ebrei, ai palestinesi. Penso a tutti. Penso alla tua vita e alle creature che incontrerai.

Per questo, infatti, Lilli non è voluta andare nella ‘terra promessa’, ma ha voluto ‘santificare’ ogni posto in cui è andata “di stanza in stanza, nella mia casa o tra le aule della scuola, o lungo le vie del paese. Santificare, cioè avere la pazienza di amare sempre, in modo ostinato e credente. (…) è come sentirsi erede e responsabile”. Anche la morte, allora, assume un altro valore, e questo è l’altro grande messaggio del libro:

“Io muoio ma vivo Ninni, trasformata in aria in acqua in farfalle foglie uccelli fuoco mare neve… non piangermi più di tanto. Trasformarsi non è separarsi.”

C’è un cammino in Caro diario azzurro, che si esplicita
Lilli, cacciata nella reclusione del “grottino” per punizione, costruisce
immagini e prospettive di speranza e di luce, non solo per sé, ma anche per le “altre”.
È l’amore che realizza il percorso esperienziale.

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