A Giano dell’Umbria esiste dal 2005 un luogo, la repubblica di Frigolandia, nata dalla riconversione di una ex colonia balilla immersa in un bosco accogliente. Con la partecipazione a un bando di quel comune e l’aggiudicazione di una regolare concessione comunale, Frigolandia ha potuto aprire le sue porte proponendo, a chiunque volesse saperne di più, attività legate alla propria arte, oltre a una ricca esposizione sulla controcultura grafica, giornalistica, a fumetti, cominciata sul finire degli anni sessanta del Novecento, fiorita nei settanta/ottanta ed ancora vivente attraverso la pubblicazione de Il Male e Frigidaire. In questo luogo che ha valore di museo accessibile e attraversabile, si raccolgono le copie di quelle riviste insieme a libri che hanno la fragranza di un’epoca tramontata, almeno all’apparenza. Ma poi, quando ci vai e incontri varie generazioni e tanti giovani, persone in arrivo da Torino come dal Circeo, da Napoli a Roma o da Milano, tanto nord quanto sud, capisci che questo luogo fortemente voluto da Vincenzo Sparagna e Maila Navarra, con pochi altri soci, ha invece lo spessore di una tradizione che sa di buono. Frigolandia è una repubblica della fantasia che rilascia un passaporto annuale, è una città immaginaria dell’Arte Maivista (definizione inventata da Sparagna con Andrea Pazienza), è la prima repubblica marinara di montagna. Come tale, ha delle feste civili che sono: il 25 aprile, liberazione dal nazifascismo; il 14 luglio, presa della Bastiglia; il giorno del Ringraziamento o Thanksgiving, quarto giovedì di novembre.

Tanta libertà espressiva, tanta convivialità semplice ed estemporanea, tanta bellezza e rispetto del paesaggio hanno chiaramente dato troppo nell’occhio, perciò contro Frigolandia si è scatenata a più riprese l’ostilità del comune di Giano dell’Umbria. Prima nel 2008, poi nel 2020 attraverso un’ordinanza di sgombero contro la quale si è dovuti ricorrere al Tar. Il verdetto di primo grado emesso dal Tar dell’Umbria nel febbraio 2022 diede ragione al comune di Giano mantenendo in essere l’ordinanza di sgombero. Solo la sentenza della settima sezione del Consiglio di Stato del luglio 2023 ha dato ragione a Sparagna e soci, ribaltando il verdetto del Tar: la repubblica avrà diritto di restare lì dov’è almeno fino al 2035.

Ho avuto occasione di partecipare ai festeggiamenti di tre giorni, a partire dal 14 luglio, per la buona notizia arrivata con la sentenza del Consiglio di Stato. Ho richiesto il passaporto di Frigolandia, e in cambio di una tassa di 100 euro ho avuto diritto al soggiorno di una settimana nella struttura ricettiva del luogo. Condivisione del cibo, silenzi e rumori, letture e afflusso di persone a fisarmonica, vaniloqui, risate leggere o grossolane: esiste un popolo a Frigolandia, la cui guida loquace scanzonata epicurea è Vincenzo Sparagna. Lui vive nella struttura stabilmente, spesso solo, spesso in compagnia, nel segno della autonoma condivisione. Un settantasettenne che ha attraversato il secondo novecento, e te lo racconta col suo tono di voce pacato, antiretorico e mai stentoreo, l’eloquio rigoroso, umoristico e fluente. Non ha nulla a che invidiare a un Gianni Minà per ricchezza di episodi vissuti in prima persona nel dibattito politico, artistico e delle idee, perché ha conosciuto un incredibile numero di persone che hanno fatto anche la storia di questo Paese: da Toni Negri a Curcio, da Pannella a Paolo Poli, a Carmelo Bene, da Bonito Oliva a Jonesco. Bollati Boringhieri nel 1999 ha raccolto i suoi scritti nel libro La commedia dell’informazione. Ancorché gli episodi lì citati siano datati, le riflessioni intorno ad essi sono ancora valide.

Questo pezzo di terra di Giano, insieme al suo presidente e alle persone che vi si trovano, non è certo esente da pecche o da veri e propri eccessi: dal veteromaschilismo ammiccante e disarmato all’autoindulgenza onirica, fra gerani assetati nei vasi e bucato steso ad asciugare su un filo. Nell’aria torrida, odorosa di cannabis, è di fatto vitalizzante ristoro, è tempo vuoto, è sporadico canto di chitarra e voci. Ed è soprattutto ciò che non ti aspetteresti: è la distesa ricerca di un padre. Sì, perché Vincenzo Sparagna aveva un padre nato a Minturno, Cristoforo Sparagna: eclettico artista, e nobilissimo nella sua ricerca spirituale, ma nato povero, e morto povero e solo. Geniale e donchisciottesco. La sua fu arte “maivista”, perché ignorata, ma arte fu, in special modo pittorica. E Vincenzo vorrebbe farla conoscere, quell’arte paterna. Valorizzarla. Ne parla spesso e volentieri. Ricollegarsi a questo padre estroso e di principi, è una delle ragioni di vita di Vincenzo Sparagna.

Credo che pure il viaggio che moltissimi fanno a Frigolandia sia la ricerca della nobiltà di un padre. In questo caso, la nobiltà di Vincenzo. Ed è stato anche per me il motivo del viaggio. Sentendolo parlare in varie occasioni mi sono fidata, da donna, del suo essere uomo, e padre nobile dell’Italia. Posso essere fiera del mio passaporto. Lunga vita alla Repubblica di Frigolandia.

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