Sulla vita di San Gabriele dell’Addolorata – al secolo Francesco Possenti, nato ad Assisi l’1 marzo 1838 e morto a Isola del Gran Sasso d’Italia (TE) il 27 febbraio 1862 – nonostante gli oltre trecento libri, film e scritti vari a lui dedicati, non c’è ancora una storia – non l’agiografia – frutto di studio delle fonti, di confronti, di ricostruzioni meticolose ancorate ai documenti. Ercole Bonanni, autore tra l’altro, del fondamentale volume dedicato all’assedio della Real Piazza di Civitella del Tronto, La guerra civile nell’Abruzzo teramano 1860-1861, del 1974, aveva annunciato, nel 1959, in una conferenza tenuta a Pescara, che il titolo del suo libro sul Patrono d’Abruzzo, sarebbe stato San Gabriele dell’Addolorata e il suo tempo. In quella stessa occasione affermò che “Gabriele contrasse la tisi a Morrovalle nel mese di marzo del 1857” e che “nel 1861 il Santo non venne ordinato in maioribus per motivi politici”. Dopo ventisei anni di studi e ricerche condotte in archivi pubblici e privati e aver acquisito una mole impressionante di documenti – oltre cento rari e del tutto sconosciuti – Bonanni, superando una vera e propria catena montuosa di difficoltà di ogni genere ha consegnato in quattro ponderosi volumi, ricchi di notizie nuove e sorprendenti, la storia vera di San Gabriele e le vicende del brigantaggio politico in Abruzzo, prima e dopo il 1861. Quest’opera, pronta per la stampa fin dall’ormai lontano 1984, non è stata ancora pubblicata. Si deve alla lungimirante e tenace iniziativa della Pro Loco di Montorio al Vomano (TE) – che è riuscita ad avere il consenso – la pubblicazione, in anteprima, del nono capitolo, il più breve dei trentaquattro in cui si articola la storia di San Gabriele dell’Addolorata e il grande Brigantaggio politico in Abruzzo durante l’Unità d’Italia. Bonanni ricostruisce, con dovizia di particolari e con sorprendenti e inedite acquisizioni storiche, la giornata di domenica 10 luglio 1859, in cui San Gabriele fece sosta a Montorio al Vomano, una delle tappe che scandirono il viaggio – insieme ad altri sei chierici passionisti e al loro lettore, padre Norberto di Santa Maria – da Pievetorina, Stato Pontificio, a Isola, Regno delle Due Sicilie. In questo ritiro (convento passionista) i chierici dovevano completare gli studi di filosofia e compiere quelli di teologia per ottenere il sacerdozio. Il racconto del viaggio – dei luoghi attraversati, delle persone incontrate, dei paesaggi e delle atmosfere – è reso da Bonanni con una precisione da bulino e una prosa fluida che riesce a rendere con grande efficacia l’affresco generale del tempo. Piazza San Francesco o del Mercato, oggi Piazza Orsini, in cui la comitiva dei passionisti fa il suo ingresso alle ore 11, sembra animarsi sulla pagina. Bonanni, con la passione di un miniaturista, restituisce il brusio delle voci, la frenesia dei traffici, la ricchezza dei palazzi e l’addensarsi delle persone attorno ai negozi, alla taverna, ai Caffè. In particolare, descrive i notabili del paese, a partire dal sindaco, a colloquio con due “Professori di Arti di Roma”, che erano venuti a cercare alcuni preziosi dipinti appartenuti a Melchiorre e a Crescenzio Crescenzi di Ottaviano e al cugino Francesco Crescenzi, nobili romani, Baroni di Montorio. Nelle lunghe, densissime e accurate note, che da sole valgono un intero volume, Bonanni ricostruisce, anche qui con documenti inediti, il ruolo che, in particolare, ebbe Giambattista Crescenzi nel far conoscere, nella Roma del Rinascimento e della Controriforma, il talento straordinario di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio. Dallo studio dei tanti documenti trovati e analizzati, in particolare delle disposizioni testamentarie,  degli arredi sacri e dei quadri delle chiese di Montorio che hanno subìto ristrutturazioni in epoche diverse, in particolare quelle di San Rocco, San Filippo o Sant’Antonio, dell’Immacolata Concezione o di S. Maria della Salute, Bonanni afferma che ‹‹I tesori esistenti in dette stupende chiese di Montorio al Vomano sono i dipinti, i quadri, le statue di legno e di stucco, i cori lignei, le decorazioni plastiche e gli oggetti d’arte di artisti di gran fama, alcuni scoperti e nominati in questo capitolo.  L’Autore non può confermare, ma nemmeno può escludere se nei sotterranei o nei muri delle chiese e degli orti degli ex conventi ci sono nascosti quadri di Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Dalle memorie si sapeva che i due Professori di Arti di Roma cercavano i ritratti di “Virgilio e Melchiorre Crescenzi”››. Altra, importante notazione è relativa al gioco dello Stù. Bonanni riferisce, sulla scorta di nuovi documenti che ‹‹nel periodo natalizio, fine 1592, inizio 1593, Ottaviano Crescenzi, Barone dell’Università di Montorio e suo Stato›› imparò a giocare allo Stù[1]

La comitiva dei passionisti, attraversata la piazza, si reca nella chiesa dell’Immacolata Concezione di Maria o degli Zoccolanti, dove Gabriele viene colto da una mistica emozione, rimanendo per lungo tempo in preghiera in uno stato di estasi. Il confratello Francesco Saverio dovette intervenire con uno schiaffo per staccarlo dalla contemplazione e incitarlo a riprendere il cammino. Lo stesso confratello, divenuto Preposito Generale della Congregazione della Passione, il 30 luglio del 1891, introdusse la causa di beatificazione di Gabriele e l’episodio della contemplazione della statua dell’Immacolata Concezione di Montorio divenne parte del processo.

Bonanni ricorda che, trentasette anni prima di San Gabriele, un altro Santo, San Gaspare Del Bufalo, era rimasto ‹‹strabiliato dallo splendore della Chiesa della SS. Concezione e rapito in estasi dal paradisiaco aspetto della miracolosa scultura dell’Immacolata Concezione, che adorò tutti i giorni in cui tenne a Montorio la S. Missione Apostolica››. Dopo Montorio, con altre soste in conventi disseminati lungo il tragitto, la comitiva dei passionisti arriva alle ore 19 al ritiro dell’Immacolata Concezione di Isola, concludendo così la lunga domenica iniziata a Giulia, l’attuale Giulianova[2],  alle quattro del mattino.

In questo breve ma corposo capitolo, Ercole Bonanni presenta due delle più importanti scoperte sulla vita di San Gabriele. La prima è relativa alla tisi che ne causò la morte a soli 23 anni. Su questo, gli storici, come riportato dall’Autore nelle note, hanno fornito date discordanti e motivazioni diverse. L’Autore, smentendo la tesi secondo cui Gabriele contrasse la malattia fra il 1860 e il 1861, afferma che il Santo si ammalò di tisi, o tubercolosi polmonare, nel mese di marzo del 1857, nell’insalubre noviziato di Morrovalle (MC), dove era entrato “sano come un pesce”, nel pomeriggio del 9 settembre del 1856. Inoltre, rivela che il dottor Reginaldo Rossi, medico condotto di Tossicia,[3] a cui viene attribuita, da altri storici, la “scoperta” della malattia a Isola, non era un medico ma quello che oggi definiremmo un infermiere[4]. La malattia dunque è stata sottovalutata, non riconosciuta, non curata al meglio delle possibilità? L’altra, è relativa ai motivi che impedirono a San Gabriele di ottenere il sacerdozio, causandogli uno dei più grandi dolori della sua vita. Bonanni, sulla scorta dei documenti acquisiti, confuta la tesi che attribuisce la mancata promozione in sacris alle “inique disposizioni governative” del 1861 che stabilivano, per l’ordinazione sacerdotale, il possesso di 50 ducati, somma che Gabriele non aveva, per cui non poté chiedere al Prefetto di Teramo il permesso per essere ordinato. Bonanni non solo dimostra che altri religiosi, pur non avendo la somma richiesta, furono ordinati sacerdoti, per cui i motivi economici non erano, in realtà, un ostacolo insuperabile ma, soprattutto, fa emergere il vero motivo “politico” alla base della mancata ordinazione di San Gabriele. I documenti coevi su questa intricata vicenda, rivelano che i tre Governatori della Provincia di Abruzzo Ulteriore Primo, così come le altre autorità, nel 1861, ritenevano che i Padri Passionisti operassero attivamente contro il nuovo Stato unitario. Le accuse portarono all’apertura, il 13 aprile del 1861, di un processo penale, sulla base della Legge del 25 settembre del 1860 contro “il clero apertamente reazionario”. Il Vescovo di Penne decise quindi, anche per non mettersi contro le Autorità del neonato Regno d’Italia, di non dar luogo alle ordinazioni in sacris dei chierici passionisti dello studentato teologico di Isola.

Bonanni, inoltre, fa notare che la circolare del Dicastero degli Affari Ecclesiastici n.1847 del 10 settembre 1861, che imponeva il permesso del Governo per essere ordinati sacerdoti e che, più del “sacro patrimonio” richiedeva il possesso di una “ottima condotta morale, politica e religiosa”, è successiva alla decisione del Vescovo di Penne, assunta nel mese di aprile di quello stesso anno. Altra incongruenza rilevata da Bonanni è quella relativa all’espulsione dei Padri Passionisti dal Teramano ‹‹nel maggio del 1866 a seguito dell’applicazione della legge n. 3036 del 7.07.1866 sulla soppressione delle corporazioni religiose.›› Come è evidente, una legge emanata nel mese di luglio non può essere in vigore nel mese di maggio, e quindi non può essere invocata a sostegno della tesi della “imparzialità politica” dei religiosi e della loro espulsione solo a seguito della soppressione degli ordini religiosi. Agli storici che hanno sostenuto che le accuse secondo cui “i Padri Passionisti favorivano la reazione e il brigantaggio erano prive di ogni indizio fattuale”, Bonanni oppone i documenti che provano che il 15 maggio 1866, il Prefetto Maramotti denunciò i ritiri di Isola del Gran Sasso e di Giulianova come “covi di reazione” e i Passionisti di “favoreggiamento del Brigantaggio”, tanto che il successivo 28 maggio ‹‹li fece espellere manu militari e con il foglio di via obbligatorio per misure di pubblica sicurezza.›› In questo infuocato e tumultuoso contesto si inserisce e si spiega la mancata ordinazione sacerdotale del Santo. Viene da osservare, in conclusione, che se il più breve dei trentaquattro capitoli dell’opera di Ercole Bonanni è così ricco di rivelazioni, documenti, e sorprese cosa potrebbe regalarci la pubblicazione integrale dei quattro volumi? La sola lettura di questo capitolo, rende ancora più acuta la necessità di offrire, agli oltre cento milioni di devoti di San Gabriele sparsi nel mondo e alla comunità, i frutti di quell’immane lavoro di ricerca durato oltre vent’anni. La pubblicazione e la messa a disposizione dei lettori è il solo mezzo per rendere onore a tanto lavoro e per arricchire, con un contributo davvero di importanza fondamentale, la conoscenza storica della figura del Santo Patrono d’Abruzzo e la complessa questione del brigantaggio politico, pre e post-unitario. E questo non riguarda solo gli storici ma l’intera società, a cui verrebbero riconsegnate pagine cruciali della sua storia. Speriamo che la pubblicazione di questo nono capitolo sia dunque l’annuncio di una prossima uscita dell’intera opera.  

*(Una versione ridotta di questo articolo è stata pubblicata sul quotidiano Il Centro il 26 febbraio 2024)


[1]  Il nome del gioco dello Stù, che si continua a giocare nel periodo natalizio, deriva probabilmente dalla parola “stò”, utilizzata in opposizione a “passo”, quando si decide di mantenere la propria carta invece di sostituirla con quella del vicino. È un gioco ad eliminazione, con un mazzo di 40 carte particolari. Ad ogni giro di carte, il possessore della carta peggiore paga pegno, consegnando al mazziere una delle tre pedine in suo possesso. Chi alla fine del gioco rimane con almeno una pedina vince il piatto e si aggiudica lo Stù. Come in tutti gli altri giochi vi è una fitta trama di simboli: la tavolata dei giocatori rimanda alla società; la singola carta è la sorte e cambiarla richiama la possibilità di mutare il proprio destino; sconfitte e punizioni, segnano le fasi del gioco e della vita e il capro espiatorio (la carta più bassa) paga per tutti. Dal mese di dicembre del 2022 il gioco dello Stù è iscritto nel Registro delle buone pratiche UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

2 Giulianova è un comune della provincia di Teramo, sede di uno dei quattro porti della regione Abruzzo e l’unico della provincia.

3 Tossicia è un comune della provincia di Teramo, situato a poca distanza (7,8 km) da Isola del Gran Sasso d’Italia, sede dell’allora studentato passionista.

4 La Facoltà di Medicina del Regno Delle Due Sicilie si articolava in tre tipi di laurea: Chirurgia, Medicina e Medicina e Chirurgia. Solo quest’ultima abilitava alla professione medica, mentre la prima, conseguita da Reginaldo Rossi, equivalente a quella di un infermiere professionale, non consentiva attività proprie della figura di medico, come diagnosi e cura delle malattie.

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