Resistere a Mafiopoli, Navarra Editore Palermo, febbraio 2023, è un libro intervista a Giovanni Impastato di Franco Vassia, con una densa prefazione di Umberto Santino, un corredo fotografico importante e una Nota di aggiornamento di Giovanni Impastato. In questo volume che è, anche, uno straordinario documento politico e civile, Giovanni Impastato, con grande sincerità, ripercorre la parabola umana, politica e civile del fratello Peppino, affronta i nodi dolorosi dei rapporti tra questi e il padre, del contesto sociale e culturale di Cinisi in cui sono maturate le scelte di Peppino prima e di Giovanni poi. Potremmo dire che questo è un racconto corale di protagonisti che sfidano il silenzio imposto prendendo la parola a viso aperto, da coprotagonisti che guardano al riparo di persiane chiuse, da altri protagonisti che tirano le fila al riparo dei muri di paura, omertà, connivenze e convenienze. Questo è, anche, il racconto del coraggio che ha osato sfidare l’ordine del sempre uguale che innerva e contiene, meglio imprigiona, nelle sue maglie, tutti e tutto e da tutti pretende obbedienza. Peppino Impastato è stato il pezzo che ha rifiutato l’incastro nel meccanismo collaudato dell’ordine mafioso, la tessera del mosaico che ha rifiutato la collocazione prevista, la parola che ha generato rivolta, conoscenza, presa di coscienza, consapevolezza e scelta del posto del mondo dove testimoniare con coerenza un altro mondo e, soprattutto, vivere in un altro modo, cambiando quel mondo. Un mondo che, a differenza del primo, non si barrica, non impone, non uccide, non calpesta vite e libertà ma offre – questo è forse il maggiore degli scandali, quello imperdonabile – una prospettiva concreta e perciò possibile di vivere fuori dal sistema mafioso che, per il solo fatto di esistere, mina alla radice le certezze proclamate con la violenza e con l’impudenza di alleanze trasversali, dentro e fuori le istituzioni, esibite a prova di una impunità come cifra del potere. Ed è proprio questo potere, questa ragnatela di interessi, convenienze, piccole e grandi, questo lessico di paure che chiudono nei sussurri delle ombre ogni parola disobbediente, che Peppino ha sfidato, ridicolizzato, combattuto e svelato.
L’architettura delle ombre, resa visibile al prezzo della sua vita, nonostante tutte le reazioni, a tutti i livelli, non ha trovato più panni tanto grandi da coprirla: è questo è il grande lascito di Peppino Impastato, il dono della sua parola e del suo coraggio, il paesaggio svelato dal suo sguardo.
Nella sua Nota di aggiornamento Giovanni Impastato scrive che ha con questo libro un rapporto speciale. Pur avendo pubblicato molti altri libri, Oltre i cento passi, Il coraggio della memoria, il romanzo Mio fratello e ancora 9 Maggio 1978, Le verità negate, La Memoria e l’Arte, insieme a Pino Manzella e Paolo Chirco, questo rimane una sorta di punto centrale, forse per l’intensità e la profondità dei ricordi di Peppino e della famiglia, per la lucidità delle analisi, per la chiarezza del disegno complessivo che, pagina dopo pagina, prende corpo sotto gli occhi del lettore. Il libro è la testimonianza, non solo un racconto, di un impegno di lotta e di memoria. Lotta e memoria, si tengono insieme e si alimentano reciprocamente perché l’una senza l’altra non esiste. L’uccisione dello zio Cesare Manzella, con la prima autobomba usta dalla mafia, avvenuta il 26 aprile 1963, quando Peppino ha solo 10 anni, segna la fine dell’infanzia e l’inizio di un processo di crescita e di presa di coscienza della posizione della sua famiglia nel contesto mafioso di Cinisi. Le lotte studentesche, le collaborazioni giornalistiche e, poi, l’erompere prepotente dei movimenti e dei fermenti politici e culturali del 1968 daranno a Peppino Impastato la forza e gli strumenti per portare avanti, con sempre più forza, il suo impegno politico. In quegli anni si compie la seconda nascita di Peppino, quella civile, grazie anche ai maestri senza cattedra che saranno decisivi nel processo della sua formazione. In questa nuova dimensione, nuova per tutti, si faranno sempre più conflittuali i rapporti con il padre che cerca di riportare dentro l’ordine “naturale” delle cose il figlio smarrito. Dopo varie esperienze, nel 1977, nasce Radio Aut, lo strumento più potente e incisivo che Peppino ha avuto a disposizione. Un mezzo di comunicazione che poteva arrivare dentro ogni casa, dentro quelle case dalle finestre sempre chiuse, coprire uno spazio potenzialmente illimitato. Qui Peppino riesce a fare della sua ironia, dello sberleffo, come avrebbe detto Dario Fo, un’arma micidiale. Ridere dei mafiosi è molto peggio che criticarli; renderli ridicoli equivale a privarli di quella veste di “onorabilità e rispettabilità” che è parte fondamentale di quel codice di regole, mentalità e comportamenti su cui si fonda il potere mafioso. Peppino li ha letteralmente denudati delle loro vesti, strumento e specchio della loro identità mafiosa. Cinisi, nel frattempo, è diventato uno snodo strategico della produzione e commercializzazione della droga. Un vero e proprio distretto, come lo definisce Giovanni Impastato. Quello che potremmo definire, in senso letterale, uno sviluppo “drogato” genera una sorta di benessere vischioso nelle cui spire, accontentandosi spesso di raccogliere solo briciole, cadono in molti. Solo Peppino Impastato e i suoi amici si battono a viso aperto e, dentro queste lotte, matura la decisione di candidarsi alle elezioni amministrative con la lista di Democrazia Proletaria.
La morte del padre, camuffata da incidente stradale segna una ulteriore rottura degli equilibri del sistema mafioso di Cinisi.  Giovanni avverte subito i pericoli derivanti dalla morte del padre, dal venir meno della sua possibile “protezione”. Peppino, invece, decide di andare comunque avanti anche per non farsi chiudere nella facile equazione” Tutto quello che ha fatto lo ha potuto fare perché c’era suo padre” e rifiuta le condoglianze dei mafiosi compiendo un ulteriore, e plateale, gesto di rottura.
Dopo la morte del padre Peppino si tuffa nella campagna elettorale, con ancora maggiore determinazione. Campagna elettorale che termina nella notte tra l‘8 e il 9 maggio 1978. Peppino Impastato viene rapito, portato in un casolare e picchiato a sangue. Poi, viene disteso sui binari della ferrovia Trapani- Palermo, con una carica di tritolo all’altezza del petto e fatto saltare in aria. Non bastava uccidere Peppino, bisognava eliminare la sua voce anche da morto, distruggere la sua immagine e la sua parola, farlo passare per un terrorista ucciso dalla sua stessa bomba. La data scelta, in pieno rapimento Moro, non è certo casuale. La coincidenza della sua morte con il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, contribuisce a depotenziare la notizia e a relegarla nelle pagine interne o nelle “brevi”. La tesi del terrorista che rimane vittima del suo stesso attentato, è stata accolta da procura, forze dell’ordine e da quasi tutta la stampa regionale e nazionale.
Umberto Santino nella prefazione di questo libro scrive che gridare “Peppino è vivo e lotta insieme a noi” era insieme l’atto di fede di una religione laica, la condivisione di un dolore e la profezia di una resistenza.” Ai funerali c’erano un migliaio di persone, venute da molte parti; pochi, pochissimi di Cinisi. Tuttavia quel funerale – ricordiamo che nella bara c’erano i frammenti del corpo di Peppino- è stato davvero la profezia di una resistenza e, dentro questa profezia, c’è la scelta che ha fatto Giovanni di raccogliere il testimone di Peppino e di continuare il suo impegno.  Anche questa di Giovanni è una seconda nascita. Ci sono voluti ventiquattro lunghi anni per proclamare nelle aule di tribunale la verità giudiziaria che era già verità storica: Peppino Impastato è stato ucciso dalla mafia per fermare il suo impegno e le sue lotte, e i mandanti sono stati Vito Palazzolo e Tano Badalamenti. Ventiquattro anni di un impegno controcorrente, quotidiano, difficile, mai venuto meno, portato avanti da Giovanni, dalla mamma Felicia – una donna di straordinaria forza e coerenza che ha avuto un ruolo decisivo dentro e fuori la famiglia – dai suoi compagni e dal Centro siciliano di documentazione, fondato da Anna Puglisi e Umberto Santino che sarà poi intitola to a Peppino Impastato.
Nella relazione finale della Commissione parlamentare antimafia, che aveva costituito un comitato sul “caso Impastato”, per indagare sulle responsabilità delle forze dell’ordine e della magistratura nell’opera di depistaggio, approvata nel 2000,  viene  ricostruito in modo dettagliato il contesto storico e politico in cui è maturato l’assassinio di Peppino e vengono indicati tutti i responsabili del depistaggio che, purtroppo, come in altre analoghe situazioni, non solo non hanno pagato in alcun modo per le loro responsabilità, ma hanno avuto onori e carriere fulgide.
La profezia della resistenza si è avverata e continua, grazie all’apporto di nuove energie, la sua feconda azione di stimolo, conoscenza, memoria, impegno. Peppino Impastato non aveva scelto di fare l’eroe, aveva scelto di essere un uomo libero.
Lo hanno ucciso perché era un uomo libero che aveva dato asilo e residenza alla libertà; per questo è diventato non solo un simbolo ma un seme.

  1. Avatar giovanna
    giovanna

    “Resistere, resistere, resistere!”, sempre, come Peppino Impastato ha testimoniato e ci ha insegnato, é così che lui vivrà e vive con noi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *