C’è un’umanità che dispone quotidianamente il proprio corpo ad accogliere, studiare, proteggere, trasmettere, con rispetto e consapevolezza, gli infiniti creaturali dentro cui siamo immersi, viventi tra i viventi.

C’è una minoranza di umani che, dalla notte preistorica dei tempi, agisce in modo contundente, in un’aggressività cannibalica distruttiva e ottusamente suicida.

In mezzo, respirano esseri che sopravvivono o in sonnambulismo cognitivo o in apatia comportamentale, priva di senso sociale e connessione organica.

Quella minoranza ha firmato, sta firmando e firmerà la morte non solo di interi popoli ma dell’intero pianeta. Questa firma è con inchiostro androcentrico. “Da Ernst Jünger: niente donne. ‘Perché la guerra è il modo di procreare dell’uomo.’” Cito dall’opera.

Tra le due sponde, tra la nonviolenza costruttiva, responsabilmente e creativamente congiuntiva e la violenza separativa agita da un’esaltata fame di dominio, il canto canta.

Scelgo quest’antologia preziosa che offre uno specchio perfetto di convinzioni, condizioni, lacerazioni, e dinamiche costanti, sia dando voce a poeti infatuati della guerra sia a molti altri che accoratamente modulano liricamente lo strazio dell’eccidio. Andrea Amerio e Maria Pace Ottieri oltre a tessere un’introduzione significativa all’opera, scelgono 53 autori combattenti provenienti da 16 paesi diversi, tutti al fronte di quello scontro endogeno che è stato la Prima guerra mondiale.

Il titolo del libro è stato ispirato da un brano del Diario del pittore tedesco Franz Marc, morto nel 1916 a Verdun: “E’ una guerra civile europea, una guerra contro un nemico che è dentro, invisibile, nello spirito dell’Europa.”

È indispensabile che riporti questi passi dell’introduzione:

“Anche se non è del tutto vero che in un’antologia le assenze contano quanto le presenze, è pure ragionevole dare conto delle proprie scelte. Se prendiamo come riferimento i 2225 poeti inglesi a vario modo coinvolti con il conflitto contati dalla studiosa Catherine Reilly, o i 5 volumi dell’antologia “Des écrivains morts à la guerre” (1924) dedicata ai francesi, oppure i 12 volumi antologici curati da Julius Bab dedicati ai poeti tedeschi, in questa antologia fuori dal covile resterà quasi tutto. E se lo spazio di manovra è il continente europeo nel suo complesso, non trovano spazio paesi neutrali o non belligeranti (dunque Spagna, Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia). Tra i paesi coinvolti militarmente nel conflitto, mancano testimoni greci e dai paesi baltici, per le lingue slave orientali non figurano ucraino e bielorusso.

Riguardo la cosiddetta poesia di guerra (meglio sarebbe parlare di poeti in guerra) vige nelle letterature europee una considerevole sproporzione bibliografica che ha per estremi la letteratura inglese e quella russa…. La politica zarista vietava ai suoi soldati di pubblicare (mentre in Inghilterra l’editoria di guerra riceveva contributi ad alimentare il mercato).”

Una sola donna, Anna Achmatova, viene inserita nell’antologia, come per richiamare tantissime altre che, seppure non al fronte, sono state dentro il canto con nitore non retorico e centrato negli accadimenti terribili. Un nome tra tante: Charlotte Mew, che ho nel cuore, e che da molti anni avrei desiderato tradurre, pressoché sconosciuta in Italia.

Tra gli interventisti cito: Rudyard Kipling, Ardendo Soffici, Guillaume Apollinaire, ma moltissimi altri compongono il controcanto. La scelta mirata dei curatori va a cogliere autori ancora da noi non tradotti, malgrado l’eccellenza della loro opera. Conclude poi un tappeto bibliografico splendido dentro cui emerge, con sintesi perfetta, il ritratto di ciascun poeta rapportato con il conflitto, qualità difficilmente ritrovabile in una qualsiasi antologia, specifica solo nel contributo letterario.

Tra tutte le poesie pubblicate scelgo quella di Ernest Hemingway, poiché esprime fulminea la sua acuminata forza irruente e lapidaria. È stata scritta a Chicago nel 1920. Con questa voce a lama l’opera si conclude. Meglio non avrebbe potuto.

D’Annunzio

Capito il figlio di puttana?

Mezzo milione di mangiaspaghetti morti

E lui se ne fotte.

Tra i fili del canto, anche il mio. Rivolto ai ragazzi e alle ragazze, ricordando (il verbo ricordare ha questa origine: da cor cordis ‘cuore’, in quanto gli antichi ritenevano il cuore sede della memoria) il significato della marcia della pace.

da ninnananna talamimamma, al3vie e piedimosca, 2023

ore sedici

ninni ni ninnì no ninnananna i ooooo   io con chi

con te con lui con lei con chi

insieme stiamo camminando da perugia ad assisi

la marcia della pace

il grande significato politico spirituale artistico della fratellanza sorellanza

con gino strada aldo capitini che l’ha creata 

con francesco con chiara

nel plurale dei passi di tanti piedi dentro la notte

contro ogni guerra dalla preistoria a oggi contro

la banalità del male di chi uccide

per denaro potere interesse

bambini bambine vecchi donne soldati e civili

contro le frecce le palle di cannone le pallottole le bombe i gas nervini    

ninnananna infinita camminandola cantiamo in coro

contro i re che comandano ai popoli di armarsi l’un l’altro

contro i commercianti di armi gli esaltati gli indifferenti i non pensanti

vogliamo vivere l’intelligenza e il sentimento

praticando l’ascolto la parola chiara

l’onestà la tolleranza l’accoglienza

l’ospitalità che condivide e abbraccia

concretamente vogliamo costruire ponti

perché noi creature dell’arca

mentre imbarchiamo tutti coloro che stanno affogando nel diluvio  

abbiamo imparato e insegniamo

che fuoco aria terra e acqua sono diritti e nostri doveri di cura  

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