Liliana Segre ha fondato la propria vita a scoperchiare la carie dell’umanità, portando la narrazione della propria esperienza autobiografica all’interno del campo di concentramento a ogni orizzonte possibile. Per ogni tipo di ascolto, di lettura, su registri tematici quanto mai vari e, purtroppo, ancora oggi di assoluta contemporaneità.

La parola di questa scrittrice si apre ogni volta con intensitĂ , nitore, umiltĂ , necessitĂ  sia se accesa dietro i banchi del Parlamento, o di una qualunque scuola, sia dietro un tavolo di libreria, o di una biblioteca, davanti a un microfono televisivo o radiofonico, davanti al volto di un adulto o, come in questo caso, tra le mani di un ragazzo o di una ragazza.  

La citazione di Primo Levi da La tregua suona come un’orchestraprofonda:

Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altri, e gli rimorde che esista che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontĂ  buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia avuto difesa.

Ci sono in quel pozzo infernale le radici di un cannibalismo individuale e collettivo, sapientemente organizzato e inculturato, promosso e diffuso. Ci sono comportamenti che agiscono generano moltiplicano la violenza, l’orrore, l’annientamento non solo fisico ma interiore dell’altro, dell’indifeso. Lo mortificano. Lo estinguono. Segre qui non fa una ennesima radiografia: racconta, con commozione al limite del contenibile, sempre dignitosa e sempre orientata con intelligenza, nodi nevralgici, sue riflessioni, ponti psicologici da allora a oggi. Sempre di fatto in fatto, mai astraendosi dall’orrore e dal concetto di resistenza.

La figura dei contrabbandieri coniugata a quella degli attuali scafisti, il significato della clandestinità, la lucidità dell’organizzazione assassina, il perché della propria esposizione e della testimonianza necessaria, la ferocia della spoliazione fino alla nudità come ultimo atto offensivo verso la persona, la marcia della morte e il lavoro interiore per sradicare qualunque impulso di vendetta.

L’opera è preziosa non solo per la lettura dei ragazzi e delle ragazze. Ha una scrittura forte che incide il petto di chiunque la incontri. Soprattutto, entra, attraverso l’occhiello storico della Seconda guerra mondiale, negli intestini purulenti della violenza, della guerra, della prevaricazione, dell’eccidio. Abbassa il punto di vista: quello di una bambina che, malgrado tutto, sarà destinata a testimoniare e a credere a voce alta nella qualità umana, nella nonviolenza, nell’uso democratico della parola, nell’integrità laica, nella solidarietà. Ci consegna il suo respiro come una responsabilità da portare nel mondo a staffetta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarĂ  pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *