Avvertenze: le sottolineature sono della redazione.
Nella stesura del testo non è stata di volta in volta dichiarata la scrivente citata, per non interrompere il corso della riflessione e per renderla più corale. Nelle note ci sono tutte le indicazioni necessarie.
La scelta delle scriventi citate non viene da una ricerca rigorosa, ma deriva da incontri casuali e da personali appassionati abbracci.
Con lievi modifiche questo testo è stato letto per il convegno PREGARE DONNA, organizzato dall’Ordine della Sororità e da Il giardino delle Beghine, nella prima parte dello stesso, tenutasi a Mantova presso la Casa del Mantegna il 3 febbraio 2024, che ha visto la partecipazione della teologa Antonietta Ponente e dell’astrofisica Elisabetta Pace.

Nella radice di ‘preghiera’ in molte lingue c’è il nucleo del ‘chiedere’, come nell’italiano ‘preghiera’ e nell’inglese ‘prayer’ e nel francese ‘prière’, dall’ indoeuropeo ‘prach’, che appunto significa: ‘chiedere’
Nel greco biblico ‘eùkomai’,‘proseùkomai’, rimasto nel greco moderno ‘prosefchì’,  c’era il senso ulteriore di  ‘dirigersi a’, ‘rivolgersi a’, che, data la sua forma riflessiva, piegava a un ‘pensare in sé’/‘cercare in sé’,  e che poteva estendersi anche a ‘ritenere’/‘valutare’.
Ci si può rivolgere in preghiera a un ‘oltre’ in modo rituale, quello della ‘lauda’, quello che ha soprattutto un valore di testimonianza, di coralità, di trasmissione. La ripetizione, la memorizzazione, la perimetrazione di luoghi sacri, la trasformazione in bello e artistico – canti, musiche, quadri, statue, paramenti, templi – sono segni di identificazione forte, che viene riproposta al presente e al futuro dal passato, certo con un ovvio pericolo di marmorizzazione, esteriorizzazione, esibizione di potenza.

Per quanto le donne siano le più presenti, nell’immaginario sociale, a cantare e pregare a voce alta in coro (dai rosari, ai gospel liturgici d’oltre oceano, ai cori delle monache), non è questa la specificità della loro preghiera, forse per un passato (e un presente, in varie religioni) dove erano/sono assegnate a un luogo/tempo separato, nascosto, chiuso, non visibile. Che forse le ha salvate.

A chiedere, silenziosamente, in chiesa, con l’accensione dei lumini, ho visto sempre quasi solo le donne.      Quasi mai chiedono per sé, ma per chi soffre, per chi è andato nella morte, ed è da loro amato, oppure, se chiedono qualcosa per sé, è intrecciato ad una sofferenza altrui che loro testimoniano.

“Poggiano ai vapori nell’intimo dell’acqua / la pelle, il tuo collo, i capelli intrecciati. / (…) / Tra poco aprirai gli occhi chiedendo di uscire, / a stento alzeremo insieme questo corpo. / (…) stiamo immerse, ognuna nel proprio acquaio.”[i] R.D.


“Proteggimi dal dimenticare, proteggimi dal non sapere, / dal non aver sentito, ascoltato, visto, guardato. / (…) / Riparami dal nulla, difendimi dal non essere, / meglio la morte. Meglio la morte.”[ii] R.D. 

Quasi sempre chiedono con voti, proposte di sacrifici: una sorta di ‘preghiera retributiva’ – per usare un linguaggio giuridico –, che è non solo la forma più frequentata della preghiera, ma per le donne è anche la forma più abituale per ottenere qualcosa, congiunta com’è all’interiorizzazione del sacrificio come dovere, che spesso copre e non rende consapevole il più profondo senso della cura.  

“Di questa e quella offerta / al signor Tal dei Tali / è intessuta la tela della vita – / Questo gli album dei martiri rivelano!” [iii] E.D.

“io ti amo per fare e disfare le galassie / le nebulose i buchi neri / con un po’ di criterio, il buon senso / d’un respiro, regolare, dalla pancia // io ti amo per farci esistere con garbo / fuori dallo scherzo d’un capriccio / con un compito, un gioco da non finire / nella cesta degli avanzi // per costringerti se non altro / a non perdere la faccia / io ti amo per farti buono”[iv] M.N.

Pur nelle intersezioni con la preghiera garantista, ‘retributiva’, perché è la preghiera – diciamolo: più pregata – quella che chiede primariamente soccorso, in cambio di una promessa; c’è, comunque, una distanza nel chiedere delle donne. Per il loro guardarsi attorno, per l’accorgersi di tutte le altre, di tutti gli altri che hanno bisogno e che, anche loro, non possono esimersi dal chiedere. E che, allora, non possono non essere sentiti e sentite in sorellanza. Nell’esaudimento possibile, si avverte un paradosso morale, una discriminazione difficile da accettare se non in termini dottrinali di predestinazione. La preghiera, allora, può arrivare anche a un rifiuto dei caratteri canonici di chi si prega.

“Mi ero prefissata nient’altro che semplici richieste – / come la contentezza – e il cielo – / Il mio reddito poteva contenerli entrambi / e la vita ed io – in pareggio –  // (…) // Un sorriso illuminò il volto di Geova –  / I cherubini – si ritrassero – / I santi solenni si fecero avanti, di soppiatto, per guardarmi – / e mostrarono persino le fossette – // (…) / buttai via la mia preghiera – / (…) / Il Giudizio ammiccò persino – / chi l’avrebbe detto che ancora esistesse – / uno così onesto da prendere sul serio / la favola che dice / “Chiedete e / vi sarà dato” – // Ma io, ormai scaltra – scruto i cieli / con aria sospettosa – / Come fanno i bambini – che imbrogliati una volta / ne deducono che – tutti – sono truffatori.”[v] E.D.

“delle volte – no: tante volte – anzi: / quasi sempre / dio non può // chissà se perché sbagliata la preghiera / o carente chi richiede / o nell’equilibrio universale / c’è un caso più in là da soddisfare // ma i dadi no, davvero // piuttosto un dio troppo severo, piuttosto / un dio che può aiutarti solo di nascosto / piuttosto un dio che non può fare / nella libertà delle sue creature / neanche il bene”[vi] M.N.

“c’è un dio malvagio / per ogni persona che soffre / un dio che s’accanisce. // Il dio dei forti / dei più / dei tanti. // Un dio che concepisce la sofferenza, / per chi non crede in lui, / e lo punisce.”[vii] M.C.P.

“Dacci preghiere folli / che non sappiano / la logica ferma del contabile / (…) / Dacci le preghiere inutili / che non sappiano / la ragionevolezza del mercato / (la merce che si compra e che si vende / facendo attenzione al peso giusto) / (…)”[viii] A.Z.

“(…) / …il Signore / non è un contabile; / e, la sera, / non fa il bilancio delle giaculatorie. / (…) / …neanche la chiesa ha il libro mastro / e tiene i conti / del memento dei vivi. / (….)”[ix] A.Z.

La preghiera può arrivare anche a tacitare ogni richiesta.

“la preghiera è il vero luogo dell’amore: dell’amore per te e dell’amore per le cose. Dacci questa preghiera, Signore; e non fare miracoli! (…) Ti voglio amare nella malattia che non guarisce, nella canicola che persiste, nella pioggia che infradicia, nel fiore che si piega, nella canna che si spezza. (…) Potrà venire anche il momento in cui ne abbia bisogno, e allora te lo chiederò. (…) Ma oggi no. Se oggi mi dai una bacchetta magica non so che farne (…) Non ho nulla da chiederti perché ti ho chiesto tutto e tu mi hai dato tutto. (…) Basta così, Signore.”[x] A.Z.

“Non congiungere le mani per pregare / se non sai cosa sono // se non hanno mai fatto l’amore / se non le hai mai scese in terra / sprofondate sepolte / e aspettate con pazienza / risorgere // se non hanno mai coperto per vergogna / la tua fronte”[xi] A.M.F.

“la domanda cui tu / non rispondi o vitrea / sera d’autunno / agghiaccia me / e la mia pelle, resa cristallo; / mi disunisce / pronunciarti ancora / o dio del tramonto”[xii] M.C.P.

“il neutro del Dio è così grande e vitale che io, non sopportando la cellula del Dio – io l’avevo umanizzata. (…) il Dio ha la forza dell’impersonale – perché so, oh, se lo so!, che è come se ciò significasse la distruzione della domanda. (…) come se il futuro smettesse di continuare a esistere (…) Ma (…) sto parlando di un immediato permanente. (…) la speranza non esiste, perché non è già più un futuro rinviato, è oggi stesso. Perché il Dio non promette. Egli è più grande di tutto ciò: Egli è, e non smette mai di essere.” [xiii] C.L.

“(…) prescindere dalla speranza significa che io devo passare a vivere, e non soltanto a promettermi la vita. (…) il Dio è oggi: il suo regno è iniziato. E anche il suo regno (…) è di questo mondo. Io non avevo il coraggio di smettere di essere una promessa e mi promettevo, così come un adulto che non abbia il coraggio di concludere che è ormai adulto e seguiti a promettersi la maturità.”[xiv] C.L.

Non è di donna la preghiera altisonante, quella che esibisce potenza, dichiara certezza, mostra l’assoluto, mette in evidenza chi la ostenta al cospetto diretto del divino. La donna non si esibisce nella preghiera. Piuttosto, nascostamente fa resistenza, opposizione alla durezza, che le è presentata spesso in conformità  col modello patriarcale a cui è solita dover far fronte È una preghiera quella delle donne che, anche nelle coincidenze con la preghiera liturgica canonica, rituale, si stacca spesso da una esteriorità manifestativa, per farsi ‘novissima’, di genere, osando alternative radicali, che implicano un ‘novissimo’ darsi voce, un darsi l’autorevolezza per una diversa teologia, una diversa teodicea.

“Vieni, cara, / a brillare / nel lampo del mare / Tu onda, Maria / Tu arca e baleno / Tu limine e scia”

“Sei tu, cara, / a risplendere / nella luna di luglio / Sei tu, Maria, / Curvatura di cielo / a segnare la via”[xv] R.M.

“(…) Signore, non sono necessarie / le bianche piume degli angeli / e i languidi cori celesti: / ci bastano le penne del passero / e il canto stridulo del merlo / tra le foglie del pioppo. (…)”[xvi] A.Z.

“(…) Dio senza nome / (e ti abbiamo nominato), / Dio senza volto / (e ti abbiamo dipinto), / Dio senza voce / (e ti abbiamo fatto dire tante cose), / non dirmi nulla. / (…) / Dio senza luogo / (e ti abbiam fatto tante chiese), / dammi solo una rosa; / (…) / La bacerò sui petali / come se fosse la tua bocca. / Dio senza bocca.”[xvii] A.Z.

“(…) / Io non credo, Signore, / nelle preghiere costruite / dall’architetto: / pietra su pietra, / e sopra un fastigio di marmo. / Meglio il muro crollato / e le macerie che franano, / meglio il discorso confuso / (…) / e tu che, pietoso, ci sollevi / e ci parli, in silenzio, di te.”[xviii] A.Z.

“con quali orecchie ascolti le preghiere / con quale logica da ufo / giudichi neghi consenti // imperscrutabile- dicono le fonti // pregando il dio buono di tutti che / conceda l’eccezione il privilegio, / anche senza averne merito / e taciuti tutti gli altri spazzati via, / rispondono bene le assurde creature / all’aliena corrispondenza / d’amorosi sensi che le ancorò / al dolore”[xix] M.N.

“Non mi sono mai sentita a casa – quaggiù – / né mi sentirò a casa – lo so – / nei cieli luminosi. / Il Paradiso non mi piace – // Perché è domenica – tutti i giorni – / e l’intervallo – non arriva mai – / (…) // Se solo Dio se ne andasse / in visita ogni tanto – o s’assopisse – / allora non ci vedrebbe – ma di lui si dice / sia proprio – un telescopio – // che non ci perde mai vista – / Io allora fuggirei lontano / da lui –  dallo Spirito Santo – e tutto il resto – / Ma c’è il “Giorno del Giudizio”!” [xx] E.D.  

“succhiavo il mio chinotto, // ne ricordo il colore // in una grigia stanza di parrocchia, // familiare, e c’era un biliardino // quando ancora l’innocenza / non immaginava nemmeno / la greve asfissia di una dottrina / e non era dolore l’assenza di dio.”[xxi] M.C.P.

“senza dio si cammina. / forse verso il demonio / forse verso il nulla / forse verso di sé. // speranza (vana?).”[xxii] M.C.P.

“Tu, Assente che bisogna amare… / termine che ci sfuggi e che c’insegui / come ombra d’uccello sul sentiero: / io non ti voglio più cercare. // Vibrerò senza quasi mirare la mia freccia, / se la corda del cuore non sia tesa: / il maestro d’arco zen così m’insegna / che da tremila anni Ti vede.”[xxiii] C.C.

Nel chiedere silenzioso, quindi non sottoposto al vaglio del simbolico patriarcale, le donne sorpassano istintivamente i confini, i limiti del codificato umano, del bene e dell’utile concordato e consentito.

“Quel tuo Dio puritano che salva / poche anime di suo / te lo regalo tutto quanto. Io voglio / Dio in un gorgo di stelle / febbricitanti, uno che punga e strappi / e si faccia inseguire[xxiv] D.M.

“(…) Da sole a sole / io ti saluto; / da luna a luna / io ti chiamo per nome; / da giorno a giorno, / da notte a notte, / da stella a stella, / io ti rincorro, Signore.[xxv] A.Z.

““O babbo di lassù! / considera il topo / che un gatto divorò! / Serbagli nel tuo regno una “dimora”! // Ch’egli possa in serafiche dispense / tutto il giorno tranquillo rosicchiare, / mentre cicli solenni, inconsapevoli, / ruotano intorno a lui!”[xxvi] E.D.

“Lui, / Dio verticale, ci tiene in ginocchio / supplicanti perdono per un peccato mai commesso // Lei, / Grande Madre, / vastità orizzontale, / ci accoglie in sé beatamente smemorati: / dormire tra le sue braccia è sempre/ non-morire.”[xxvii] R.R.

“Babbo nostro e loro che sei nei cieli / e in terra   in aria in acqua nel fuoco   in me / sia imparato e non santificato alcun nome / attraversato e oltrepassato. / Venga il regno senza aggettivo possessivo. / Dacci oggi il pane quotidiano/ dopo aver mangiato con tutto il corpo/ la fame e il desiderio/ proprio per non confondere pane fame e desiderio. / Rimettiamo alla stessa tavola / l’ora della cena in un’unica scodella /dentro una sola tenda. / La tenda nomade non ha chiave / ma tappeto    ombra   e asse cosmico. / Presentaci alla tentazione e alla banalità del male / spogliati profondamente // cantando la madre.”[xxviii] A.M.F.

“forse per amore tu / per forza di paura di domanda / io // ti ho creato / dio”[xxix] M.N.

“Ti prego, ti prego / di esistere / (…) / fa’ che tu sia l’amore / che amo // créati di me / se non lo sei”[xxx] M.N.

““Padre celeste” – prendila su di te / la suprema iniquità foggiata / dalla tua candida mano / in un attimo di contrabbando – / Anche se fidarci di noi – ci sembrerebbe / più dignitoso – “Siamo polvere”. / Noi ti chiediamo scusa / della tua stessa doppiezza.”[xxxi] E.D.

“Dopo l’esilio nero e benedetto / di caldi velluti, è dolore / riaffiorare alla luce, alla dura / superficie del giorno. // Quanto di te ho pietà, ché non potesti, / povero dio, morire.”[xxxii] D.M

C’è anche nella loro preghiera, la forma più specifica di ritualità liturgica delle donne: per molti versi drammatica in quel rapporto diretto con dio, (che è “guardare Dio negli occhi” A.Z.), sconveniente nella sua immediatezza, nella sua immersione quotidiana, eretica alle forme canoniche; infatti sempre sospettata come demoniaca, fino alla condanna al rogo per tante donne – mistiche o streghe che fossero.  Perché, come s’è visto, le donne osano spesso una chiamata a dio per fargli rendere conto: ma come ci mostra la teologa Donata Horak[xxxiii] a proposito di Giacobbe, nella procedura del rib, cioè in un incontro riparativo, non aggressivo.  Anche le atee o le agnostiche possono così pregare.

“mistica o blasfema. / (le piante esalano vapore) // forse eretica. / (sono di malumore) // ma forse proprio eretica. / (se dio esiste) // e se anche esistesse / lo maledirei.”[xxxiv] M.C.P.

“Dio della solitudine / Dio miserabile come me / tu che mi conosci e mi frequenti / Dio dei miei tormenti / accoglimi in un caldo abbraccio / perché non ce la faccio / (..)”[xxxv] M.C.P.

“Io prego ciò che esiste? (…) La preghiera profonda è una meditazione sul nulla. È il contatto asciutto e elettrico con se stessi, con il sé impersonale.”[xxxvi] C.L.

“(…) è in vita che vediamo Dio. È perfino a occhi aperti che vediamo Dio.”[xxxvii] C.L.

“sono arrivata al neutro e all’inespressivo di me. (…) Il neutro. Sto parlando dell’elemento vitale che tiene unite le cose. (…) l’inespressivo è diabolico. (…) si scopre la vita ampia di un silenzio estremamente attivo, quello stesso che esiste nella blatta, quello stesso che vive negli astri, lo stesso che vive in se stesso – il demoniaco è prima dell’umano. E se si riesce a vedere quell’immediato, ecco che noi bruciamo come se stessimo vedendo il Dio. La vita preumana divina è così immediata che brucia.”[xxxviii] C.L

“(…) avevo venduto la mia anima. (…) non l’avevo venduta al demonio, bensì, tanto più pericolosamente: a Dio. Che mi aveva permesso di vedere. Perché Egli sapeva che non sarei stata in grado di vedere quello che avrei visto: la spiegazione di un enigma è la ripetizione dell’enigma. Che cosa Sei?  e la risposta è: Sei.  Che cosa esisti? e la risposta è: ciò che esisti.”[xxxix] C.L.

È una preghiera che si esprime col corpo-emozione, anche in situazioni rituali; la trasformazione in sacralità di donne avviene nella loro interiorità di genere, che è tanto immanente, organica, particolare, individuata, affettiva, quanto tesa, aperta, all’oltre-sé, il quale non è sentito disgiunto da sé, non estraneo, non trascendente, anche se nominato ‘divino’ e ‘nel cielo dei cieli’: ma creaturale, reciprocamente creaturale. Dio o chi perlui è fatto esistere dall’amore: non solo l’amore per chi si chiede di aiutare, ma l’amore per chi è richiesto dell’aiuto: come necessaria, più che creduta, possibilità, speranza.

“(…) io sono una domanda.”[xl] C.L.

“Ciò che io farò della domanda e della carenza – sarà la vita che avrò fatto della mia vita.”[xli] C.L.

“La gioia di perdersi è una gioia da sabba. Perdersi è un pericoloso ritrovarsi. (…) io stavo sperimentando il fuoco delle cose: ed era un fuoco neutro. Io stavo vivendo della tessitura di cui sono fatte le cose. (…) si godono le cose. (…) sentire il sapore di quel quasi nulla è la gioia segreta degli dei. È un nulla che è il Dio – e che non ha sapore.”[xlii] C.L.

 “Chiamo la madonna acefala / la sola che sia in grado di togliermi la testa / con un’unica carezza. / Il mio io è qui    devastato / irriconoscibile nel volto    uscito / dalla simmetria limpida delle tempie / dalla bellezza e dal canto.     Ave. // (…) // Chiamo la madre grande per assomigliarle: / maternità sororità filialità una e trina    liquida / amniotica    nel flusso cardiaco dell’aorta.   Ave.//(…)” [xliii] A.M.F.

“Amami, Dio, / (…) / Amami come vuoi, / amami come voglio; / non c’è più alcuna differenza (…)”[xliv] A.Z.

“(…) Cosa possiamo davvero scegliere decidere / cosa che valga a compiere l’universo / a riplasmare in bene il mondo? / come sarebbe, se fosse, essere a te parte? / come sarebbe, se fosse, aiutarti a creare / ancora e nuovamente il meglio? // come sarebbe, se fosse, tra di noi l’amore?”[xlv] M.N.

“Dio prega perché ha una dimensione molteplice (…) conosce l’altro e può pregare qualcuno altro da sé. E se la sua vita è questo dialogo immanente, il pregare è il suo vivere stesso. Dio non prega: Dio è preghiera (…)”[xlvi] A.Z.

La preghiera in genere, ma delle donne soprattutto, credenti o no che siano, è importante segno di bisogno. Certo, bisogno di amore, di aiuto, di significato del vivere, ma anche bisogno più indefinito, bisogno quasi come sehnsucht: mancanza/nostalgia di qualcosa che non è determinato, tensione a un che di vago, che, però, potrebbe. Questo bisogno, questo chiedere, è in fondo un creare il senso positivo: può succedere il meglio. Esiste la possibilità del meglio. Ecco perché la preghiera può anche essere atea. Dio è fatto esistere dal bisogno. Dio è creato nel ‘tu’ della domanda.

“(…) La Via Lattea non esiste perché noi ne sapessimo l’esistenza, però noi la sappiamo. E noi sappiamo Dio. E quando abbiamo bisogno da Lui prendiamo. (Non so bene che cosa chiamo Dio, ma così può essere chiamato). Se sappiamo così poco di Dio, è perché abbiamo poco bisogno: abbiamo da Dio solo quello che fatalmente ci basta, abbiamo da Dio solo quello che può essere contenuto da noi. (…) Quanto più avremo bisogno, tanto più Dio esiste. Quanto più potremo, tanto più Dio avremo. Egli consente. (Egli non è nato per noi né noi siamo nati per Lui, Egli e noi siamo simultaneamente.) (…) Egli ci usa e non impedisce che noi facciamo uso di lui. (…) essere usato è un modo di essere compreso.”[xlvii] C.L.

“(…) E io ho. Io avrò sempre. È solo questione di aver bisogno ed ecco che io ho. Aver bisogno non finisce mai poiché aver bisogno è l’inerenza del mio neutro.[xlviii] C.L.

“Solitudine è non aver bisogno. Non aver bisogno lascia un uomo molto solo, assolutamente solo”[xlix] C.L.

“Chiamo, ed è qualcosa o l’universo / a farsi avanti sterminato – a stare // quieto, interrato, come se fosse / il mio grande inverso / da scavare piano, con il timore // che alzi una mano prodiga d’attesa / le dita luminose, / e dica: siamo – / la formula paurosa della vita.”[l] S.B.

“Come qualcosa / che sia rimasto fuori per errore / io vengo a visitarti, casa verissima, dovunque. / E la visitazione è questa vita / che perde le pareti mentre avanza: / la perdita è infinita, e mi precede, è accanto / è alle mie spalle, e vivamente / abita nelle parole come a casa.”[li] S.B.

“(…) / … Solo / questo: di cose perdute / un’ombra posso darti oggi – e pregare, / come sogliono gli atei pregare, / per te, per la tua vita divenuta / un remoto sussurro, / il dio aggredendo con un patteggiare / furioso, un promettere cieco, / e, in cambio, / la disperata esigenza.” [lii] D.M.

 “(…) nascimi in corpo una goccia di energia amniotica / corrente e transitiva // perché non rumino abbastanza la polpa / dell’io e del noi / (…) // ricordami che il polmone mio e delle altre bestie / suona più dei campanacci mentre respiriamo”[liii] A.M.F

“(…) e non chiedermi   perché la morte nella distanza cosmica / diventa fosforica / così come la mia preghiera    sciolta ora nel carminio dell’aorta / mentre viaggia interiormente viaggia     fino a Betlemme / passando per la striscia di Gaza / piede tra i piedi della gente licenziata terremotata profuga / perseguitata // povera povera     morta morta / deposta tra le tue braccia // madonna dell’ombelico che crei la nascita / spalancala in me perché io senta / la potenza del mio intimo vagito / la tensione nutriente del cordone tra te e me / l’energia della gioia profonda profonda    sorgiva / malgrado tutto”[liv] A.M.F.

Questa preghiera delle donne spesso è muta, silenziosa, in quanto è difficile da trasportare in parole. C’è un’ineffabilità che conduce alla poesia, perché lo stesso è il varco da oltrepassare. Non a caso, finora solo parole di poete avete ascoltato. Dice Francesco Occhetto: “la parola poetica (…) creando ciò che nomina, diventa il canale decisivo per trasmettere l’aspetto più segreto e commovente della preghiera”[lv]. Se Dio in parole per la poeta è “muro nudo”, “parete liscia” senza appigli, “Pagina bianca / che nessuno può scrivere, / che nessuno può leggere, / che nessuno può intendere. //  (…) / E mi rifugio nel vuoto.”[lvi], può accadere però di ritrovarsi “dentro alla tua mano”, perché “Il poeta è un ponte tra l’Assoluto e il tempo” A.Z.[lvii]. Continua Francesco Occhetto:

“Il linguaggio poetico (…) permette, come nessun altro strumento verbale, di tradurre sul piano linguistico ciò che a parole è indicibile per essenza: il silenzio, che (…) non è assenza di suono ma ineffabilità di Dio. (…) Una parola che causa ciò che nomina, (…) Una parola che lotta corpo a corpo con l’impossibilità di definire appieno, con parole umane, [la silenziosa fonte da cui deriva e a cui continua a tendere]”[lviii]

“Battono alla mente paro e che / vogliono essere dette: / angeli messaggeri … / dicono / l’infinitezza di ogni cosa / fanno risuonare tra noi / l’abissale / voce di dio”[lix] R.R.

“madonnina del silenzio convoco la mia parola davanti a te / dopo un lungo esercizio interiore / dentro cui ho cantato solo fiato / (…) // nascimi energia nelle papille della lingua e parole di pane / (…) // che io abbia il ritmo tenace dell’ape / la sua leggerezza nella tessitura / tra il significato del fiore e quello della madre    regina (…)”[lx] A.M.F.

“Il compito si pronuncia a oltranza: / che ogni radice si congiunga alle ossa. / Se non ce la faranno le parole / è perché la pietà non è abbastanza”[lxi] S.B.

“Così e va fatto ancora, stare alla notte / e cavarne un linguaggio, orientarsi / tra misure sconvolte, il bandolo /sempre solo un gesto, l’atto più oscuro.(…)” [lxii] S.B.

“C’è una forza che tiene e ha forza / che tira avanti come un animale / non chiede niente e si prolunga buia / nel suo buio venire in mezzo al mondo / travolge tutto dalle sue radici / (…) / puntando oltre,… / (…) / averla dentro leva da se stessi / come va via da te quello che dici”[lxiii] S.B.

Ma la preghiera più larga delle donne sta nel loro modo di guardare il mondo. Le cose del mondo, anche se non soprattutto, le piccolissime, le accantonate, le inutili, come loro. Non si tratta di uno dei tanti –ismi (panteismo, naturalismo o altro). È semplicemente un riconoscersi cosa tra le cose, un sentirsene coniugate, assorellate, e insieme esserne vita, unica e molteplice, che si può chiamare dio o grande madre, o si può non chiamare, comunque vita oltre il modo e il tempo prettamente umani. Fino all’inumano.

“la vita è soprannaturale (…) una persona è tutto. (…) si è il tutto”[lxiv] C.L.

“…sono entrata nell’inespressivo (…) in quello che esiste fra il numero uno e il numero due (…) ho visto la linea di mistero e di fuoco e che è la linea clandestina. (…) esiste un sentire che sta in mezzo al sentire – negli interstizi della materia primordiale passa la linea di mistero e di fuoco che è il respiro del mondo” C.L.

“Io voglio l’inespressivo. Voglio l’inumano dentro la persona (…) Io voglio il materiale delle cose. L’umanità è fradicia di umanizzazione (…) e quella falsa umanizzazione ostacola l’uomo e ne ostacola l’umanità. Esiste una cosa che è più ampia, più sorda, più profonda, meno buona, meno cattiva, meno bella.” C.L.

“Saremo inumani – come la più alta conquista dell’uomo. Essere è essere oltre l’umano. Essere uomo non è un successo, essere uomo è stata una costrizione. L’ignoto ci attende, eppure io so che quell’ignoto è una totalizzazione e sarà la vera umanizzazione cui aspiriamo. Parlo della morte? no, della vita. Non è uno stato di felicità, è uno stato di contatto.” [lxv] C.L.

“Abdicando da me vado oltre me e allora sono il mondo.”[lxvi] C.L.

 “(…) Ma forse anche le cose come stanno / hanno un ordine // tanto più vasto / da uscire dall’inquadratura // (…) // così il massimo di reale combacia / con l’astrazione pura // Come quando la notte / essere e non essere / nulla / si equivalgono.”[lxvii] S.B.

“(…) il suono che tiene unito l’universo – / non lo conosco ancora però è perso / dentro di me, lo tengo caro / con ogni respiro, lo alimento / legando ogni giornata alla sua notte – (…)”[lxviii] S.B.

“(…) A volte senti proprio nell’aria, proprio / nelle orecchie l’inizio che aspetta / e intanto cuce e traccia, fonda lo spazio / senza dimenticare mentre fai / che l’oceano dove stai non è mai altro, è l’universo / e sa la tua presenza.”[lxix] S.B.

“Sto dove dio mi ha messo / quanto terrena quanto / ingombrante / quanto celestiale / potrei piangere di gioia a sentire in me / l’angelo / che al mattino versa il caffè nelle tazzine / e fa / crescere l’essere // così è la legge: / ognuno al suo posto / e dio / che si sporge dovunque / dal brulichio del vivere”[lxx] R.R.

“La chiocciola /porta con sé la sua casa / (…) // dio guarda con simpatia / il suo netto regolarsi / l’obbedienza al guscio / mentre aquile orgogliose / si estenuano si feriscono / per salire in cielo /e più su / dove rannicchiato / lui nasconde il suo mistero // sempre qualcuno / vuole rubargli il fuoco / perché non sa / che dio fa pure residenza / nei pomodori rubini sulla rete / nella orgogliosa cicoria / nella bignonia che ama i muri / – la matematica dell’orto è eccelsa /matematica divina –(…)”[lxxi] R.R.

“(…) Dacci il gusto di te / che sei l’eterno camminare / che eternamente arriva, / il bersaglio colpito e la faretra, / il fuoco / e la castagna cotta.”[lxxii] A.Z.

“Ho baciato la prima pratolina / e aveva sapore di te”[lxxiii] A.Z.

“(…) In paradiso ci sarà la luna / e l’uovo dentro al nido / e il pettirosso sul ciliegio. / E questa pigna: / Signore, la voglio ritrovare. Ne conterò le scaglie, / una per una, / nelle tue mani (…)”[lxxiv] A.Z.

 “Aspettami sui prati, / (…) / …alla fermata del tram / (…) / nei bar chiassosi / (…) / agli sportelli delle banche / (…) / lungo il sentiero della vita / lungo il sentiero della morte (…)”[lxxv] A.Z.

“Come un petalo d’alba sulle labbra / (…) / tu sei. / Come una ciminiera in cielo, / (…) / tu sei. / Come i netturbini dell’alba, / come i lattai… / (…) / tu sei. (…)”[lxxvi] A.Z.

“Con l’ultimo giardino la strada / s’insabbia, s’impaluda in un’orchestra / di rane. Steso, chiaro / mi arriva lo stagno con bruschi / cespugli, con piante leggère. / C’è un’aria di abbandono e di rivalsa / intorno alle paludi: se ne vive / ciascuno della vita e della morte / dell’altro: … / (…) / E qui ritrovo quel mio divenire / infinito con tutta l’altra terra / e la saggezza ironica: sapere / d’essere insostituibile sempre. / – Se questo, dico all’improvviso, questo / fosse il mio ultimo giorno – / E subito di tutto m’innamoro / tanto ogni cosa mi risembra bella / nella sua fuga, ogni spiro, ogni insetto. / (…) / O vita, o cara mia felicità. / Mi sento nuovamente buia e calda / come una linfa di pianta nel sole, / come una cosa amata.”[lxxvii] D.M.

“Dio è. (…) essere (…) vuol dire assumere la promessa stessa! (…) e ritrovare il sapore di cui noi si ha avuto conoscenza: il sapore del vivo.” [lxxviii] C.L.

“La mia fresca volontà di vivermi e di viverti è la tessitura stessa della vita? La natura degli esseri e delle cose… è Dio?”[lxxix] C.L.

“Mi sono. (…) il mistero dell’impersonale (…) è l’“it”: ho l’impersonale dentro di me. (…) Il mio personale è humus nella terra e vive nel marcimento. Il mio “it” è duro come un ciottolo. La trascendenza dentro di me è l’“it” vivo (…) L’it vivo è Dio. (…) so che Dio è il mondo. È  ciò che esiste.”[lxxx] C.L.

“La vita mi è, e non capisco ciò che dico. E allora adoro…………….”[lxxxi] C.L.

PREGHIERA DONNA 3 febbraio 2024, Casa del Mantegna, Mantova ore 15

Introduce Antonietta Ponente teologa, Relatrici: Elisabetta Pace astrofisica Coi piedi per terra e lo sguardo in cielo       Milena Nicolini, Fare preghiera della poesia


[i] Roberta Dapunt, Le beatitudini della malattia, Einaudi, Torino, 2013, p.7

[ii] Roberta Dapunt, ibidem, p.6

[iii] Emily Dickinson, 38, Tutte le poesie, Mondadori, Milano, 1997, p.49

[iv] Milena Nicolini, i miei stanno bene, grazie, Rossopietra, Castelfranco E., 2007, p.62

[v] Emily Dickinson, Silenzi, cit., 476, p.71

[vi] Milena Nicolini, i miei stanno bene, grazie, cit., p.67

[vii] Maria Chiara Papazzoni, Daimon, in Il trentatreesimo anno, Tracce, Pescara, 1993, p.17

[viii] Adriana Zarri, Ceste vuote, in ‘Tu’. Quasi preghiere, Lindau, Torino, 2021, p.18

[ix] Adriana Zarri, Non mi rimproverate, ibidem, p.14

[x] Adriana Zarri, Come una prefazione, ibidem, pp.9-10

[xi] Anna Maria Farabbi, L’ostia nell’abse in Abse, Il ponte del sale, Rovigo, 2013, p.91

[xii] Maria Chiara Papazzoni, Il grande freddo, Copertine di M.me Webb, 2003

[xiii] Clarice Lispector, La passione secondo G.H., cit., p. 134

[xiv] Clarice Lispector, ibidem, p.135

[xv] Raffaella Molinari, Ariette, inedito

[xvi] Adriana Zarri, Questo dolcissimo mondo, in ‘Tu’. Quasi preghiere, cit., p.91

[xvii] Adriana Zarri, Dammi solo una rosa, ibidem, pp.25-6

[xviii] Adriana Zarri, Quasi preghiere, ibidem, pp.15-6

[xix] Milena Nicolini, extraterrestre, in i miei stanno bene, grazie, cit. p.66

[xx] Emily Dickinson, a cura di Barbara Lanati, Silenzi, Feltrinelli, Milano, 1990, 413, p.57

[xxi] Maria Chiara Papazzoni, Madeleine, in Il trentatreesimo anno, cit., p.31

[xxii] Maria Chiara Papazzoni, Chiara e Francesco, ibidem, p.36

[xxiii] Cristina Campo, Il maestro d’arco, da Passo d’addio, in La tigre assenza, Adelphi, Milano, 2023, p. 32

[xxiv] Daria Menicanti, Dio, da Poesie per un passante, in Il concerto del grillo, Mimesis Centro Internazionale Insubrico, Milano-Udine 2013, p.435

[xxv] Adriana Zarri, Da sole a sole, in ‘Tu’. Quasi preghiere, cit., p.33

[xxvi] Emily Dickinson, 61, Tutte le poesie, cit., p.71

[xxvii] Rossana Roberti/ Anna Bolena, Lui e Lei, in Umori a corte, Rossopietra, Castelfranco E., p.68

[xxviii] Anna Maria Farabbi, L’ostia nell’abse, in Abse, cit., p.97

[xxix] Milena NIcolini, uno più uno, se facesse duale, Rossopietra, Castelfranco E., 2020, p.68

[xxx] Milena Nicolini, i miei stanno bene, grazie, cit., p.59

[xxxi] Emily Dickinson, 1461

[xxxii] Daria Menicanti, Pasqua, da Città come, in Il concerto del grillo, cit., p.  133

[xxxiii]Donata Horak, Ora i miei occhi vedono. Giustizia riparativa: itinerari biblici e mediazione umanistica. Con un’intervista a Jacqueline Morineau, a cura di Carla Chiappini, Effata Editrice, Cantalupa (TO), 2023

[xxxiv] Maria Chiara Papazzoni, Dubbi e maldicenza, in Il tretatreesimo anno, cit., p.38

[xxxv] Maria Chiara Papazzoni, Ai figli di un dio minore, in Requiem per la mia ombra, Rossopietra, Castelfranco E., p.58

[xxxvi] Clarice Lispector, Acqua viva, Adelphi, Milano 2017, p.30

[xxxvii] Clarice Lispector, La passione secondo G.H., Feltrinelli, Milano, 1991, p.134

[xxxviii] Clarice Lispector, ibidem, p.92

[xxxix] Clarice Lispector, ibidem, p. 123

[xl] Clarice Lispector, Acqua viva, cit., p.38

[xli] Clarice Lispector, La passione secondo G.H., cit, p 135

[xlii] Clarice Lispector, ibidem, pp.93-4

[xliii] Anna Maria Farabbi, dal polmone profondo di una vecchia / alle nevi permanenti della montagna, da Ospizio femminile, in Abse, cit., p.120

[xliv] Adriana Zarri, Amami, in ‘Tu’. Quasi preghiere, cit., p.27

[xlv] Milena Nicolini, se dio, ipotesi 1, in uno più uno, se facesse duale, cit., p.62

[xlvi] Adriana Zarri, Nostro Signore del deserto. Meditazioni sulla preghiera, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013, p.41

[xlvii] Clarice Lispector, La passione secondo G.H., cit., pp. 136-7-8

[xlviii] Clarice Lispector, ibidem, p. 135

[xlix] Clarice Lispector, ibidem, p. 155

[l] Silvia Bre, Le barricate misteriose, Einaudi, Torino, 2000, p.85

[li] Silvia Bre, da Marmo, Einaudi, Torino, 2007, p.72

[lii] Daria Menicanti, Solo questo, da Un nero d’ombra, in Il concerto del grillo, cit., p.213

[liii] Anna Maria Farabbi, prego così mentre mi rialzo da terra, da avemadrìa, in leièmaria, LietoColle,Faloppio (CO), 2013, p.58

[liv] Anna Maria Farabbi, natale: verso il presepe interiore, ibidem, p.70

[lv] Francesco Occhetto, Dare del ‘tu’ a Dio. L’esperienza della preghiera in Adriana Zarri, in Adriana Zarri, ‘Tu’. Quasi preghiere, cit., p.156

[lvi] Adriana Zarri, Muro nudo, in ‘Tu’. Quasi preghiere, cit., pp.113-4

[lvii] Adriana Zarri, Poesia e mistica, in Teologia del quotidiano, Einaudi, Torino 2012, p.100.

[lviii]Francesco Occhetto, Dare del ‘tu’ a Dio. L’esperienza della preghiera in Adriana Zarri, cit., p.146

[lix] Rossana Roberti, Angeli messaggeri, in La misura e l’uvetta, Quaderni di poesia DARS, Udine, 2007. P.47; la silloge è stata di nuovo edita da Rossopietra Edizioni nel 2016

[lx] Anna Maria Farabbi, preghiera per l’utilità della mia poesia in leièmaria, LietoColle, Varese,2013, p.69

[lxi]Silvia Bre, Marmo, cit., p.69

[lxii] Silvia Bre, Einstein, in Le campane, Einaudi, Torino, 2022, p.12

[lxiii] Silvia Bre, ibidem, p.11

[lxiv] Clarice Lispector, Acqua viva, cit. p. 29, p.33

[lxv] Clarice Lispector, ibidem, p. 90, p.143, p.157

[lxvi] Clarice Lispector, Acqua viva, cit., p.24

[lxvii] Silvia Bre, La fine di quest’arte, Einaudi, Torino, 2015, p.76

[lxviii] Silvia Bre, Marmo, cit., p.37

[lxix] Silvia Bre, Einstein, in Le campane, cit.

[lxx] Rossana Roberti, L’angelo in me, in La misura e l’uvetta, cit. p.45

[lxxi] Rossana Roberti, Umori a corte, cit., p.44

[lxxii] Adriana Zarri, Dacci il gusto di te, in ‘Tu’. Quasi preghiere, cit., p.128-9

[lxxiii] Adriana Zarri, Sapore di te, ibidem, p.37

[lxxiv] Adriana Zarri, E ci sarà la luna, ibidem, pp.106-7

[lxxv] Adriana Zarri, Aspettami, ibidem, pp.20-1

[lxxvi] Adriana Zarri, Come petalo d’alba, ibidem, p.130

[lxxvii] Daria Menicanti, Se, da Poesie per un passante, in Il concerto del grillo, cit. p.423

[lxxviii] Clarice Lispector, La passione secondo G.H., cit., p. 138

[lxxix] Clarice Lispector, Acqua viva, cit., p.74

[lxxx] Clarice Lispector, ibidem, p.30

[lxxxi] Clarice Lispector, La passione secondo G.H., cit,. p.164

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