Viene riedita l’ultima opera di Luciana Frezza. Antonio Bux, direttore della collana di poesia Le Mancuspie, propone la forza di una poesia sferzante, di calibrate volute visionarie, di tensioni liriche che ritracciano il filo del mito con intelligenza e sintesi femminista. La proposta di Bux riapre luce su questa poeta oggi oscurata, posta in ombra, ma vivissima nel suo canto.

Luciana Frezza nasce a Roma nel 1926. La sua tesi su Eugenio Montale discussa con Giuseppe Ungaretti significa già un percorso che con gli anni si farà sempre più approfondito nella poesia, sia come propria creazione che con traduzioni. Gli autori lavorati saranno colti soprattutto dal mondo simbolista francese, tra cui Laforgue, Mallarmé, Verlaine, Baudelaire, Apollinaire, Proust.

Non sono solita indicare il coniuge. In questo caso, il suo nome ci fa intuire una dimensione culturale centrale nel panorama letterario italiano degli anni settanta: Agostino Lombardo.

Di Luciana Frezza troviamo pubblicazioni con rilevanti case editrici come Feltrinelli, Neri Pozza, Cominiana, Scheiwiller. La sua opera è stata pubblicata da Editori Riuniti nel 2013.

Walter PedullĂ  firma la prefazione, chiarendo la complessa cifra stilistica di Frezza, peraltro inafferrabile nella sua sinuositĂ  pensata, con dinamiche di accumulo improvvisamente risolte da sintetiche chiuse lucenti.

Credo sia molto importante riportare per intero una nota della stessa poeta che prende spunto da una poesia dal titolo Disneyland, dentro cui ruota il perno della coppia Orfeo/Euridice, Iside e Venere.

“Disneyland” faceva parte di un gruppo di poesie di contenuto femminista non incluse in questa raccolta, che di femminismo presenta solo quello, mitizzato, delle prime tre poesie. Detto, in breve, le tre mitiche figure propongono, paradossalmente, un altro universo, contestando, ciascuna a suo modo, un ordine costituito, quell’”ingranaggio circolare” che è in sostanza una trappola (come lo è stato per Orfeo l’insidioso patto con Ade). Euridice, ora che tutto è perduto, gli indica stancamente una più sicura via per essere riavvicinata, quella del Sogno, ma anche dello Spirito, luogo di tutto ciò che non può essere tolto. Iside è stufa di rincorrere e ricomporre. Osiride, ha altro da fare, da indagare, da setacciare, e rivendica in questa attività di ricerca determinata a non eludere nulla, la propria femminile diversificazione. Venere, invidiando da Dea gli amari privilegi degli uomini, vorrebbe introdurre il dolore dell’assenza nella troppo perfetta storia con Adone. Per questo capriccio la “loro storia” le verrà strappata per essere inserita, appunto, nel meccanismo stagionale, con la spartizione fra lei e Persefone, in cui tra l’altro è implicita l’idea, fino ad allora assente, nei loro amori, del possesso. Questo di Adone è, nella mitologia, l’unico episodio in cui Venere piange.

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