Il percorso artistico di Marco Munaro continua intrecciando la sua ricerca poetica con quella di editore, ponendo la stessa rigorosa, colta, attenzione e responsabilità.

L’opera che qui porge, con un titolo significativo e annunciante, credo che segni un rilevante passaggio nell’ambito del suo percorso di scrittura. Non solo da un punto di vista tematico ma anche stilistico. Munaro entra con necessità, intuibilmente faticosa e dolente, nella galleria del vento che è la galleria del tempo. Del suo tempo cronologico e interiore. Affacciarsi e attraversare occhielli esperienziali, persone che hanno modellato, orientato, il suo sangue e il suo respiro, eroso la propria interiorità, le pelli intime della propria esistenza fino a una spogliazione della liricità del suo verso: …frasi dette e ridette/negli anni delle postribolazioni ora/posso/ascoltarle e scriverle pacatamente,…    

È una pacatezza sapiente che tiene il passaggio del vento e del tempo contenendoli e governandoli ma anche restituendoli al canto. L’ultima poesia esprime in lievità il suo volto:

Om ad Po

Il tuo canto inciso su lamine

nel silenzio

è leggero e vola

dici. Soffia i semi della tua

sapienza del tuo amore

Om ad Po

tu aria io mare attorno al fuoco

la forma del mio sognare

Le note non solo compiono l’opera ma ne intensificano ogni sostanza lirica. Diventano il baricentro, il suo ombelico. Due linoleografie di Mariacristina Colombo rendono la visione in bellezza.

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