Ho incontrato Mario Lena, improvvisamente, una mattina di qualche mese fa mentre camminavo sulla sponda del fiume Lima. I pochissimi passanti. Il paesaggio attorno in una complessità plurale tra il selvaggio verde intenso dei boschi attorno, la lingua liquida del fiume che si dilata sul fondale a tratti nervosamente scoperchiato in sassi abitati dal vegetale e da una sonorità antica continua, case come voltate all’indietro verso un tempo passato dentro cui emergono architetture di un lusso raffinato, o decadenti esistenze chiamanti per essere resuscitate.
Sono nell’arcipelago dei comuni raccolti sotto il nome Bagni di Lucca. Mi fermo: una piccola casa senza colore, pronunciata dal grigio del suo intonaco, è ancorata a ridosso del fiume, quasi scostata dalle altre e quasi incastrata alle altre. Mi sorprende la mattonella di marmo bianco, a lato della porta, ben visibile, con scritto CASA della POESIA. Mi fermo. Simmetricamente dall’altra parte è incisa una poesia sempre su una mattonella di marmo bianco. Non riesco a leggerla. La recinzione me lo impedisce, A me basta che un essere umano al mondo abbia scelto di nominare la sua dimora indicandone la natura. POESIA.
Mi avvicino. Vorrei suonare, conoscere il suo proprietario. Chiedere di lui. Sento che è un uomo non una donna. La casa ha una severità maschile. Nessuno dei vicini si sporge. Ripasso mesi dopo per guardare ancora la casa e riceverne l’abbraccio dell’affinità. Finalmente, una vicina mi spiega chi vi abitava: Mario Lena.
Da quel momento, i passi sono andati dentro altre voci, ognuna più entusiasta nel narrarmi la preziosa, multiforme, personalità del maestro. Poi sono entrata dentro i suoi libri, riavvolgendo i fili della sua esistenza e della sua arte. Che cosa può portare una ricerca del genere, casualmente sorta da Casa delle Cantoni a Ponte a Serraglio nel Comune di Bagni di Lucca, a una scrittura come questa mia piantata al vento mediatico di CartaVetro con entusiasmo e riverenza? L’essenza.
L’essenza è incontrare una persona che nel corso dei suoi 97 anni è riuscita a intrecciare tutte le acque della sua esistenza facendole confluire nella comunità, con massimo rigore, totale passione, impegno civile, creatività didattica, vocazione politica, etica della nonviolenza e della cooperazione, studio permanente, fiducia colta nella parola condivisa, coniugando il ponte tra fisica e poesia.
Questa esemplarità porta una luminescente testimonianza, non solo da raccontare ma da risvegliare e tramandare.
Apro il suo ritratto.
Mario Lena nasce a Bagni di Lucca nel 1925, dove risiede fino alla morte avvenuta nel 2023. Si è laureato in matematica e fisica approfondendo lo studio scientifico e conciliandolo con altrettanta passione con quello umanistico, in filosofia e poesia. Ha collaborato con giornali e riviste su Nuova Italia Edizioni tra il 1967 e il 1969; con il Nuovo Corriere accanto a Calamandrei Ramat, Calogero, Pieraccini, Bo, Codignola. È stato segretario della Federazione del P.S.I. di Lucca e ha svolto attività nel Comitato di Controllo della Regione Toscana. Ha fatto parte a Roma della segreteria particolare del Ministero del Bilancio Antonio Giolitti. Sindaco di Bagni di Lucca dal 1960 al 1970. Cittadino onorario del Comune di Longarone, gemellato a Bagni per sua volontà, per il suo impegno durante e dopo la tragedia de il Vajont, in cui si è molto prodigato per l’accoglienza dei superstiti bisognosi e dei bambini e delle bambine rimaste orfane.
Si ricorda la sua maestria didattica, per metodi del tutto innovativi, capaci di magnetizzare e stimolare gli allievi verso una formazione aperta, rompendo confini separativi tra una materia e l’altra. Tratto dai suoi venticinque libri di poesia è nata l’opera tradotta antologicamente in arabo dal poeta Mohammad Abuhashish.
In poesia, il registro piano del ritmo, trova una parola che mai cede al nostalgico, al sentimentale. Fluiscono vasi comunicanti tra la sapienza orientale (cfr. Koan, maria pacini fazzi editore, 2007), la quantistica (Località o non località?, maria pacini fazzi editore, 2006), la filosofia (cfr, Chiralità, maria pacini fazzi editore, 2008).
All’interno di ogni opera, si genera un vero e proprio colloquio con chi legge, sul ponte di una intima, sincera, condivisione, svelando il pensiero che ha suscitato l’origine e l’architettura del libro. Un vero e proprio viaggio esistenziale, scoperchiando il proprio progetto di studio. Si svela la casa interiore di lui poeta, di lui insegnante, di lui cittadino di Bagni di Lucca dentro cui scorre il Lima, con quell’amore civile e terragno da renderlo spoglio da ogni seduzione di vanità. E la piccola vegetazione di casa è il regno di coniugazione con chi l’ha preceduto, in una compresenza non solo affettiva ma anche pregna di responsabilità. Quella casa interiore fatta di opere, di nomi e cognomi che dettano ogni segno suo calligrafico oltre che comportamentale: Kant, Hikmet, How King, Tolstoj, Russel, San Francesco, San Luca, Gandhi, Capitini, Luther King, Einstein, Tagore, Dickinson, Giovanni XXXIII, Leopardi, Robert Frost.
Dichiara i suoi difetti: indisciplina, imprevedibilità, chiamare compagni tutti gli amici, chiamare amici tutti i compagni, chiamare eroici tutti i ribelli contro il ripetersi delle ritualità del quotidiano.
Non troviamo tanti poeti in Italia che, nascendo dalla fisica e dalla matematica, riescono a cantare e declinare il creato nella quantistica del verso.
Mi impegno personalmente a rivitalizzare la sua impronta e il suo canto, a diffonderlo.
L’Anapesto
Ecco l’Anapesto
che confonde
ecco l’Antideutone
che sgomenta
e i Koan
gli algoritmi…
Non lasciamoci intimidire.
Voltiamo pagina.
Apriamo la finestra.
Laggiù,
oltre le colline,
nostro padre
sta tornando a casa.
Quaggiù
Fra le barriere dell’Assurdo
La precarietà degli Atolli
Le lusinghe delle Metropoli,
nostro figlio
ha imparato
a non temere
a selezionare
amici e amori
da Oriente a Occidente.
Con o senza
Plutarco
sulla Terra
o Plutone nel Cielo.
Le pecore passeggiano a mezzanotte
È vero che le pecore
passeggiano.
Camminano lente
Con i piccoli agnelli,
si fermano a salutare
amici e amiche,
balbettano e brucano,
brucano e parlottano.
Sono buone e tante
da Oriente e Occidente.
Vanni in linea, si siedono in cerchio.
Perché conoscono la geometria.
Sostano a guardare,
a riflettere, a pensare al prima
e al domani,
perché conoscono la filosofia.
Si nutrono di sole
E vento e pioggia
odori
profumi
movimenti
riposi
contatti
amori,
perché conoscono la poesia.
Amano la luce:
quella nuova dell’alba
quella calda del meriggio
quella fuggevole della sera.
Ma ora
hanno riposto le loro ricchezze,
hanno interrotto le titubanze,
hanno superato se stesse
e vanno a spasso
anche al buio.
Così
le ho viste
passeggiare a mezzanotte,
alte sul prato
a metà costa,
fra gli alberi
e sopra gli alberi,
fra le nuvole
e sopra le nuvole, in fila
in gruppo
senza pastore.
Autosufficienti.
Nessun lamento.
Nessun ragionevole perché.
Ho sperato che volessero
sconvolgersi
o ribellarsi
come autorevolissime particelle.
Anime misteriose
come desiderabili Koan.
In fila a mezzanotte,
ma pronte
a mezzogiorno
per nascondersi
fra le pagine di un libro.
Invece proseguiranno
Meditative e spensierate
in quota
pecore e pecorelle
senza assiomi e senza steccati:
proprio come noi,
quando la nostra notte
si distende nel sole.
da Koan, maria pacini fazzi editore, 2007
La testimonianza della dottoressa Iana Togneri completa il nostro incontro con Mario Lena.
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