Aldo Capitini da wikipedia

Torno, torniamo, a Aldo Capitini.

Rilevo e porgo ogni pubblicazione centrata sull’opera e sulla testimonianza di Aldo Capitini. Il mio gesto è spinto dall’urgenza di riversare il pensiero e la poetica di questo maestro a me profondamente caro, in un tempo affogato di sangue, materialismo, consumismo, autoritarismo, egoismo, violenza. Ne faccio una leva ulteriore, una voce costruttiva di pace che si aggiunge al coro. Non così consistente. Una tensione per una direzione contraria alla guerra e alle sue dinamiche separative e assassine.

Roberto Fantini, firma un cameo, dentro cui tratteggia la propria sintesi del pensiero capitiniano, dentro e attorno all’opera, Religione aperta. Il contributo di Fantini si inserisce in una delle collane di Graphe.it Edizioni, questa esclusivamente dedicata a testi di estrema essenzialità, vocati a promuovere successivi e più esaustivi approfondimenti.

Ricominciare ancora nel nome di Aldo Capitini, rimettermelo pubblicamente in petto, non solo abitarlo nel cuore, e quotidianamente praticare passo per passo la marcia della pace, senza idealizzazioni sublimate, senza retoriche vacue, ma con nitore di pensiero e atti di presenza testimonianti, è per me, non solo per me, necessità politica e poetica.

Pochi accenni.

Religione aperta viene pubblicato nel 1955. Subito viene messo all’Indice dal Santo Uffizio. L’apparato clericale straccia la riflessione di Aldo Capitini, non permettendo dialogo, condannandola senza entrare nel merito dei suo tanti nodi tematici. Il 12 febbraio dell’anno successivo, l’Osservatore Romano, in prima pagina, stronca l’opera accusando Capitini di “un vagabondaggio personale senza preoccupazioni e senza scrupoli nei riguardi della storia, della logica, delle esigenze classiche dell’etica e della religione”.

Nel 1957, Aldo Capitini risponde con il suo Discuto la religione di Pio XII, con un registro scrittorio mite, fermo e maturo, senza ostentazione né risentimento. Traccia passaggi che attraversano il Concordato mussoliniano, mettendo in luce di fatto il vertice clericale della Chiesa collaborativo con il potere, anche teorizzando il pensiero di una guerra giusta, osteggiando l’obiezione di coscienza, tollerando, giustificando favorendo una struttura socio-economica e politica incline alla contrapposizione tra ricchi e poveri, proiettando l’ombra punitiva, tremenda e risucchiante dell’inferno. Erano ormai dieci anni che Aldo Capitini lavorava su questi temi cruciali e imprescindibili. Ricordo alcune tappe:

Fonda i COS (Centri di Orientamento Sociale) nel 1944, nell’intento di suscitare parola, dialogo, confronto, creando assemblee ovunque, in ogni angolo di comunità, di città, paese, aperte a tutti, nessuno nessuna esclusi. Ognuno e ognuna con pari diritto di comunicazione.  Ciascuno nel parlare e ascoltare, esponendo problemi comunitari e personali, per possibilità risolutive, proposte, per quella democrazia dal basso che riportasse relazione viva tra la gente a ponte con chi esercita responsabilità amministrative e politiche, per crescere un senso collettivo di cooperazione

Nel 1947, con Ferdinando Tartaglia costituisce il Movimento di Religione, nell’intento di aprire la parola al dialogo su esperienze religiose contro ogni settarismo e dogmatismo. Tre anni dopo, affianca Pietro Pinna, primo obiettore di coscienza italiano, contro il servizio militare. Nel 1952, a Perugia, insieme all’inglese Emma Thomas, fonda il COR (Centro di Orientamento Religioso). Mesi dopo fonda la Società Vegetariana e incontra Danilo Dolci.

L’elaborazione interiore corrisponde al fare. Pensiero e prassi intessono lo stesso filo, creando un tessuto orientato e orientante, oltre i modelli culturali, sociali, politici, economici, dominanti.

Nonviolenza, nonmenzogna, disubbidienza, ma anche fare di costruzione attraverso il sentire, agire, parlare in un’azione permanente di accordatura tra tutti gli esseri, non solo umani, ma vegetali, minerali con imprescindibile, imperdonabile (direbbe Cristina Campo) sentimento di responsabilità e consapevolezza dentro cui nel proprio io è incastonato il tu-tutti-tutto.

Capitini crede fermamente che la spiritualità educhi ciascuna persona a un sentimento creaturale disponendo concretamente alla congiunzione amorevole, priva di prevaricazione. Tuttavia, ogni dogmatismo, ogni appartenenza identitaria che sancisce dettati e confini in nome del proprio dio, si trasforma in strumento di conflitto e di violenza. La religione viene usata da chiese gerarchico clericali, come forma di controllo, potere e dominio, in modo discriminatorio, separativo, aggressivo, bellico.

Invece di promuovere sensibilità e incontro, inclusione, cooperazione, solidarietà, le Chiese spesso irrigidiscono e arroventano l’umanità. Capitini lavora per l’apertura quindi, verso una laicità non materialista, interreligiosa, amorosa:

“Chi è innamorato, non aspetta che tutti quanti si innamorino”.

Questa frase è tratta, appunto, da Religione aperta.

Aldo Capitini è qui, come perno fosforescente dentro la nostra notte dove la strage degli innocenti moltiplica i cadaveri. Esplodono gli ospedali.

Si proclama la guerra giusta.

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