Locandina

Il cinema antimilitarista vanta capolavori come  All‘Ovest niente di nuovo (All Quiet on the Western Front, 1930) di Lewis Milestone, La grande illusione (La grande illusion, 1937) di Jean Renoir, L’arpa birmana (Biruma no tategoto, 1956) di  Kon Ichikawa, Orizzonti di gloria (Paths of Glory, 1957) di Stanley Kubrick, e, per citare un titolo italiano di forte impatto polemico, Uomini contro (1970) di Francesco Rosi. Come si noterà, sono quasi tutte opere  la cui fonte attinge agli eventi della Prima Guerra Mondiale, il primo conflitto di massa, la svolta definitiva nel modo di condurre una guerra, in cui la trincea divenne emblema di stallo feroce e insieme di inutile massacro. E forse non a caso, in questi tempi in cui l’Europa è tornata inopinatamente ad essere teatro di un conflitto armato, il romanzo di Erich Maria Remarque ha ispirato nuovamente il cinema: a vincere quattro Oscar è stato il film tedesco Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues, 2022) di Edward Berger.

Un film appartato

   Sicuramente il film di Christian Carion Joyeux Noël  – Una verità dimenticata dalla storia (Joyeux Noël, 2005) non può essere annoverato tra le massime espressioni della settima arte, ma con altrettanta certezza possiamo dire che si tratta dell’ultimo importante film pacifista apparso, purtroppo in modo rapido e distratto, sui nostri schermi. La storia che racconta, suffragata da una documentazione che attraversa tutta la Prima Guerra Mondiale, ha inizio nelle scuole francesi, inglesi e tedesche, dove i bambini vengono preparati all’odio attaverso un indottrinamento che oggi, purtroppo, non è stato del tutto cancellato dalla faccia della terra. L’inevitabile scoppio del conflitto ci conduce, con una  efficace transizione, nelle trincee del Nord della Francia, alla vigilia del Natale 1914, dove si fronteggiano i soldati francesi, scozzesi e tedeschi. Durante la notte, un tenore tedesco intona Stille Nacht, gli scozzesi iniziano a suonare le cornamuse e gli ufficiali, compreso quello francese, decidono un temporaneo armistizio. Così i militari escono dalle trincee e fraternizzano: si scambiano alcolici, sigarette e cioccolato; mostrano le foto delle loro donne, giocano a calcio, seguono insieme la Santa Messa celebrata da un sacerdote scozzese. L’episodio (realmente accaduto in varie forme lungo tutto il fronte di guerra e non solo nel 1914) purtroppo non resta senza conseguenze. Il controllo dei contatti epistolari dei soldati fa scattare l’immediata reazione delle autorità militari, che provvedono a smistare i “ribelli” verso zone remote del conflitto, punti di non ritorno dove può scendere un silenzio totale su quanto si è verificato.

Un’occasione didattica

   Se il regista è stato costretto a girare il film in Romania per il rifiuto, opposto dall’Esercito francese, a fissare le locations nel nord della Francia, vuol dire che in un certo senso quel silenzio non è mai tramontato e che il cinema a volte si prende la briga di fare ricerche “scomode” almeno in alcune direzioni. E questo è un altro merito di un film crudo e lirico, didattico nel senso più nobile del termine, classico nella costruzione della vicenda e dei personaggi, che a poco a poco prendono coscienza della realtà e dell’orrore della guerra, durissima non solo nei suoi effetti ma purtroppo anche nella condotta delle gerarchie militari ed ecclesiastiche (agghiacciante, e anch’esso documentato, il sermone del vescovo scozzese nella parte conclusiva del film). A Joyeux Noël è stata in parte rimproverata  una certa  “enfasi dell’antiretorica”, un limite che può trasformarsi in pregio se il film ambisce a raggiungere uno spettatore non raffinato o, nella migliore delle ipotesi, educato dalla televisione odierna. In realtà l’opera di Carion, vista la scarsa risonanza avuta nelle sale, merita una riscoperta soprattutto nelle nostre scuole  non tanto per la “solida drammaturgia” o per le “rigorose ricostruzioni scenografiche e ambientali” (Canova), quanto per il suo contributo a una conoscenza meno superficiale di alcuni aspetti tutt’altro che trascurabili del primo conflitto mondiale. E riscoprirla in lingua originale (oggi con streaming e dvd è possibile), con i soldati che parlano tre lingue diverse, può diventare veramente un eccellente strumento di educazione alla pace e all’unità europea.

  1. Avatar Chiara Pellegrini
    Chiara Pellegrini

    Gentile Carlo Guerrino,
    nel ringraziarla per aver proposto questa importante rassegna, e timidamente ricordo
    “ il grande dittatore”, fortunatamente schierato e contemporaneamente surreale ma, a mio avviso, imprescindibile.

  2. Avatar elisabetta chiacchella
    elisabetta chiacchella

    Grazie, non conoscevo il film, lo cercherò e lo segnalerò ai miei amici insegnanti, per farlo vedere nelle scuole

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