Nel 2021 la giovane regista bolognese Giulia Giapponesi decide di girare un documentario per ricostruire la storia della canzone partigiana Bella Ciao, oggi cantata in tutte le lingue del mondo da coloro che rivendicano e pretendono maggiore libertà.
Il film dà la parola ad alcuni testimoni del periodo resistenziale ancora in vita, a musicisti, a storici inframmezzati dalle immagini delle manifestazioni di opposizione ai vari regimi sparsi nel mondo in cui canta ancora oggi.
Viene in mente il gran rifiuto di cantarla che fece Laura Pausini a una tv spagnola considerandola divisiva o di parte. Le cose non stanno così e il documentario di Giulia Giapponesi ce lo dimostra: è una canzone sinonimo di libertà, un inno di liberazione.
Sappiamo poco di questa canzone, della sua origine. Nel film viene dato spazio anche ai negazionisti, a chi insinua che non sia mai stata cantata dai partigiani. Ma viene subito smentito dalle memorie di un adolescente di allora (Floriana Diena Putaturo) che ne ricorda perfettamente le parole e il momento in cui venne cantata nei giorni della liberazione (temporanea) della città di Alba nel 1944.
“Ero sfollata ad Alba con la famiglia. Mio papà era di “Giustizia e libertà” e portava la stampa clandestina da Torino ad Alba. Nell’ottobre 1944 ho assistito all’ingresso dei partigiani in piazza del Duomo ad Alba. Ero una bambina curiosa e attenta, e ricordo benissimo che si cantava Fischia il vento, ma anche una versione di Bella ciao al femminile, che faceva:

Una mattina mi sono alzata
– o bella ciao bella ciao bella ciao ciao ciao
una mattina mi sono alzata
e ho trovato l’invasor
O mamma mamma, io vado ai monti – o bella ciao…
o mamma mamma, io vado ai monti
a vendicare il mio amor
Il mio amore me l’hanno ucciso – o bella ciao…
il mio amore me l’hanno ucciso
perché era un partigian
Là sui monti c’è un cimitero – o bella ciao…
là sui monti c’è un cimitero
cimitero dei partigian
Cimitero dei partigiani – o bella ciao…
cimitero dei partigiani
morti per la libertà

Questo è quanto io ricordo, con tanta emozione!”
Chiaramente non essendo un testo scritto ma tramandato oralmente da una brigata partigiana all’altra le parole potevano cambiare da una regione all’altra, da una formazione all’altra.
Il testo che cantiamo oggi è stato fissato solo alla fine degli anni 50 al Festival della canzone popolare di Pesaro e poi diffuso in un tutto il mondo grazie a Yves Montand, che ne fece una hit di grande successo.
La tesi che ‘Bella ciao’ non fosse cantata negli anni della Liberazione, si genera, molto probabilmente, perché non era tra i canti partigiani più diffusi. O meglio non era tra i canti più diffusi nei partigiani del Nord Italia, le cui vicende sono al centro della letteratura sulla Resistenza e delle ricostruzioni storiografiche del dopoguerra e il cui repertorio è documentato nei primi canzonieri a stampa” (Jacopo Tomatis).
Dunque la canzone fu sicuramente cantata dalle formazioni partigiane, anche se non era la canzone più utilizzata durante la Resistenza. Lo sarebbe divenuta dopo. I negazionisti che cercano di accreditare la versione che fu composta a tavolino nel Dopoguerra meritano un pernacchio.
Ci si commuove nel film ascoltando le parole scritte in una lettera inviata nel 1946 da una ex combattente russa a un partigiano conosciuto in Italia in cui cita esplicitamente la canzone, ricordando “i giovani che andavano a morire con il canto di Bella ciao”. Siamo nelle Marche centrali, la canzone ha risalito la penisola fino alla linea gotica insieme ai partigiani della brigata Maiella. La sua origine centro-meridionale ne ha limitato la diffusione tra le brigate partigiane del Nord.
Della storia controversa del testo abbiamo detto. Anche per quanto riguarda la veste musicale il documentario di Giulia Giapponesi contiene delle sorprese. Un ingegnere appassionato di musica, Fausto Giovannardi, acquista casualmente in una bancarella di Parigi un cd di musica klezmer, la musica cantata e suonata dagli ebrei dell’Europa dell’est. Infila il cd nel lettore della propria automobile e ne sente uscire la musica di Bella ciao. Legge i crediti del cd e scopre che il brano di intitola Koilen (Carbone) ed è stato inciso all’inizio degli anni Venti dal fisarmonicista di Odessa Mishka Ziganoff.
Dunque la melodia dall’Ucraina attraverso le migrazioni ebraica dall’Europa dell’est verso il Sud sarebbe giunta in Italia e qui abbinata alle parole della canzone che conosciamo: “Bella ciao si stabilizza come tale a partire da materiali musicali ampiamente diffusi in pratiche orali, la presenza di motivi melodici simili in ambiti culturali diversi non dovrebbe stupirci più di tanto. Le canzoni – o meglio le persone che le suonano e le cantano, con le loro storie e le loro idee – hanno sempre girato per il mondo, in un incessante processo di scambio e di confronto che è l’essenza stessa del fare musica” (Jacopo Tomatis).
In anni recenti una giornalista turca Banu Ozdemir ha subito un processo per aver diffuso sui social un video in cui Bella ciao veniva trasmessa dagli altoparlanti delle moschee. Qualcuno era riuscito a introdursi nel circuito di filodiffusione delle autorità religiose e a mandare in onda Bella ciao al posto della preghiera del venerdì. Bella ciao è una canzone molto nota e amata in Turchia dove chiude sempre i concerti del gruppo guidato dalla cantante Ilkay Akkaya.
Ne esiste anche una versione composta dal musicista irakeno Mohammed Osamah Hammed, scampato ai talebani che eliminavano tutto ciò che ha a che fare con l’arte e in particolare chi si dedicava alle professioni legate all’arte, giudicandoli miscredenti e sacrileghi.
La canzone è stata ripresa dalla resistenza cilena duranti gli anni della dittatura di Pinochet e della resistenza curda in un’area tra Siria, Iran e Turchia, quello che per il popolo curdo è lo stato del Kurdistan.
“Il film racconta i misteri, la genesi e la storia della canzone della Resistenza, che riappare ovunque si combatta contro l’ingiustizia. Un canto inarrestabile, oggi patrimonio dell’umanità nella lotta per la libertà. Bella ciao è triste, è allegra e la sua melodia conquista persone lontanissime tra loro sia geograficamente che per età ed estrazione sociale. Il suo messaggio universale di libertà risiede nella sua semplicità e bellezza, una sorta di lasciapassare che le permette di superare barriere culturali e linguistiche.” (Giulia Giapponesi)

Riferimenti

Giulia Giapponesi, BELLA CIAO – PER LA LIBERTÀ, Italia, 2022, 100′, I Wonder Pictures
Jacopo Tomatis, Bella ciao. Una canzone, uno spettacolo, un disco, Il Saggiatore, 2024

  1. Avatar giovanna
    giovanna

    Ricerca importante da divulgare per contrastare negazionismi di variogenere in auge più che mai in questi trisi tempi

    1. Avatar eugenio parziale
      eugenio parziale

      Grazie per il suo commento. Condivido il suo pensiero
      Eugenio Parziale

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