Se non mi sbaglio, ho motivo di credere che il lettore si sia imbarcato in questa postfazione perché stordito da quanto aveva letto nella speranza che quest’aggiunta di pagine, così, senza versi, apparentemente rassicuranti, dicesse no abbiamo scherzato, o almeno desse un appoggio, un aiuto. Ma così non è. Però, lettore, ti sono vicino se non altro perché anche io avrei letto la postfazione con la stessa speranza. (Valentino Ronchi, Postfazione)

Cinquanta pagine densisssime, parlo di Matilde, l’ultimo libro di poesie di Carolina Canziani, milanese, una passione per la scrittura con un taglio molto personale e con una produzione parca e dai tempi dilatati.
Un libro che si dispiega nell’arco di un anno, l’unica poesia che ha un titolo è l’ultima, che segna nel titolo la conclusione dell’anno e che ci dà un riferimento temporale 24 dicembre 2021.
Matilde è un libro che l’autrice dà in lettura con pudore, con riluttanza, vorrebbe che solo pochi vi si accostassero perché è un’opera scoperchiante, che racconta il vissuto di una situazione traumatica con il coraggio, la forza, le rabbie e le fragilità di chi prende coscienza di quanto accade e può accadere nella vita senza accettarlo supinamente.
La magnifica postfazione di Valentino Ronchi “Faticose le case degli altri” pone l’accento su una delle possibili letture del libro: il disagio di stare e di fare delle cose con gli altri, dopo che hai vissuto un’esperienza di dolore che ti ha devastato.
Io prediligo come chiave di lettura del libro quella della condivisione: se siamo in due a sostenerci, riusciamo a darci orizzonti di speranza e a non lasciarci sopraffare da una perdita che ci appare inaccettabile, un noi che rappresenta un ancoraggio forte: “concentrati nello sforzo nostro di esistere”. Lo ritrovo in molte pagine del libro:
noi due così giovani
Mi prendi la mano/come a ricordare che siamo vivi/dopotutto
Quel momento in cui stendevo le gambe sulle sue/e chiedevo che entrambe le nostre mani ti sentissero/appoggiate ad ascoltare.
di noi che giĂ  eravamo noi/ma ora siamo noi senza di te.
La salvezza solo guardandoci negli occhi
L’altro elemento di bellezza del libro è la capacità dell’autrice di mantenere il dialogo con la vita perduta: non ci sei più ma per me ci sei e allora nasce uno straordinario dialogo con questo sé – altro da sé, perduto ma ben piantato nella propria fisicità.
Mi hai lasciato sola o ti ho persa io? è la domanda torturante che apre il libro, dalla proiezione genitoriale di chi fantastica come sarà sua figlia: Ti immaginavamo chiacchierina
e con le labbra grandi alla presa di coscienza, all’accettazione della realtà: figlia mia irraggiungibile/ di cui non conosco il colore degli occhi.
Poesia dopo poesia si addensa nei versi un pensiero concreto di questa figlia perduta: guardo immobile/ dove l’ho immaginata addormentata/ sotto i tuoi tigli – come guardiani
Proprio quando ho imparato ad ascoltarti/ hai smesso di cercarmi
fiera e felice ho affrontato le onde/ per immergerci entrambe in un mare/ che ero certa sarebbe stato quello delle tue estati
Quel tuo nome bellissimo/ lì sulla prima pagina (…)/ scritto storto in stampatello da una Matilde/
che sarĂ  sempre piĂą grande di te
come quel sassolino/ che ho trovato sulla spiaggia/subito il pensiero terribile/che non te lo avrei mai potuto dare
La chiave di volta del libro: dare spazio a questa assenza, trasformandola da mentale a qualcosa che assume concretezza, fisionomia, consistenza sulla carta:
A volte quasi mi stupisco
di quanto spazio occupa la tua assenza
passo e ripasso lungo quella linea
che mi riporta sempre a quel punto duro e faticoso
che alla fine sei tu
Matilde è uno dei più bei libri di poesia che mi è capitato di leggere in questi anni, e confesso che ne ho letti molti come giurato del Premio di Poesia di Civitella del Tronto, ma di questa altezza pochi.
Perché in questo libro c’è un qualcosa che pochi fanno quando scrivono e in particolare quando scrivono poesia, non si tratta solo di accostare sapientemente delle parole, si tratta di lavorare su un materiale che ci tocca profondamente, e questa è una fatica che pochi hanno la forza e il coraggio di affrontare e Carolina Canziani è una delle poche.

  1. Avatar beatrice trenti
    beatrice trenti

    Molto contenta di questa bella segnalazione. Concordo col giudizio di Parziale relativo al valore della poesia di Canziani. Mi permetto di segnalare, per chi fosse interessato, nel numero di Casamatta di giugno 2021 (in fondo a questo blog, cliccate su Archivio Casamatta e poi sul numero di giugno 2021), l’articolo di Nicolini “Carolina Canziani, Riparare con l’oro”, che rifletteva sulla prima bella silloge di Canziani.

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