Silvia Pegoraro

Critica e storica dell’arte, progettista e curatrice di mostre indipendente, si è laureata all’Università di Bologna, e ha conseguito il Dottorato di ricerca presso la stessa Università. Qui ha collaborato, come docente a contratto, con la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, per l’insegnamento di Sociologia dell’arte, tenendo nel frattempo, per diversi anni, corsi di Teoria e Fenomenologia della Critica al Master per Curator all’Accademia di Brera di Milano. Ha fatto parte della redazione della rivista “Parol – Quaderni d’arte”, edita dall’Istituto di Estetica dell’Università di Bologna, e collaborato con altre riviste d’arte, di letteratura e di estetica, tra cui “Il Verri” e la “Rivista di filologia e critica”, oltre che con “Il Corriere della sera” e con “Il Messaggero”. È stata consulente della casa editrice Leonardo Arte di Milano (sezione International), come responsabile dell’edizione italiana di monografie dedicate all’arte moderna e contemporanea (Picasso, Dalì, Frida Kahlo, Modigliani ecc.).

Nota biobliografiaca di Silvia Pegoraro

ICONE DELL’INVISIBILE

Arte

“NOÈ MISIT COLUMBAM…” LA COLOMBA COME SIMBOLO DI PACE NELL’ARTE DELL’OCCIDENTE

Arte Zoom

OLTRE IL PAESAGGIO, I “CIELI” DI Roberto Pagnani

Arte

LA MEMORIA E IL SACRO. STORIA DELL’OPERA PASSATOPRESENTE DI Luigi Poiaghi, OMAGGIO AI CADUTI DELLA RESISTENZA

Arte Memoria Zoom

RI-VELAZIONI: IL VELO COME METAFORA E MISTERO DELLA VISIONE. A PROPOSITO DELLE DONNE VELATE DI Rosetta Berardi

Arte

L’EREDITÀ DI EMPEDOCLE (IN MARGINE A UNA MOSTRA DI Anselm Kiefer A ROMA)

Arte

Mario Sironi: LA SOLITUDINE DI UN ANTICONFORMISTA

Arte

L’ORO DI Burri

Arte

LA PACE DI KIEV

Zoom

IMMAGINI DI PAROLE. A PROPOSITO DELLA PITTURA-SCRITTURA NELL’ARTE DI Luisa Gardini

Arte

LO SPECCHIO DELLA PITTURA: RITRATTO E AUTORITRATTO NELLA MODERNITÀ

Filosofia

CARTE PER ORIENTARSI. ERRANZA E PROGETTUALITA' DELLE OPERE SU CARTA NELL'ARTE CONTEMPORANEA

Arte

ICONE DELL’INVISIBILE

È raro poter visitare in uno stesso territorio, nello stesso periodo, due mostre che dialoghino intensamente tra di loro, quasi a formare un dittico, o a intonare un canto a due voci…Così accade per le mostre personali di Ettore Frani e Massimo Pulini, in due splendidi spazi museali delle pianure della Romagna, ormai soggette con tragica frequenza, all’ira delle acque...Pulini e Frani sono entrambi profondamente, intimamente pittori. “Noi altri dipintori habiamo da pensare con le mani”, affermava il grande pittore bolognese del ‘600 Annibale Carracci. E infatti le loro mani pensano con forza e delicatezza, e restituiscono al mistero quella realtà che la nostra epoca ha precipitosamente consegnato all’indifferenza e all’automatismo percettivo.Secondo Paul Klee, compito dell’arte è rendere visibile l’invisibile. Forse, invece, di questi due artisti si può dire che portano il visibile alle soglie dell’invisibile: lo spazio diviene specchio che riflette il possibile e il nascosto. L’immagine reale si fa immagine possibile. E l’immagine possibile abita l’immagine reale come il suo doppio fantastico e fantasmatico, e diviene soglia di infiniti spazi possibili, di spazi infinitamente altri…. È forse quella “patria sconosciuta” di cui parlano Plotino e Novalis, l’arrière-pays intravisto da Yves Bonnefoy, o l’eterotopia di Foucault…Ecco allora sorgere un pensiero per immagini (perché la vera arte è sempre pensiero) in cui incanto e disincanto, tecnica e poesia, identità e differenza, finito ed infinito, vengono pensati insieme. Un pensiero che non teme il concetto di Bellezza, che così esprime Massimo Pulini: “La “Bellezza” è l’incanto per qualcosa di naturale o di culturale che raccoglie il successo di un’ammirazione istintiva, senza razionalizzazione. È pura emozione”. Certo non si tratta di ridurre col godimento estetico l’ansia - incancellabile nell’uomo se non a prezzo di mistificazioni - d’osservare, di cercare, d’interrogarsi. Anzi, si tratta proprio di continuare a cercare, e a pensare. Questo pensiero tragico nel quale convivono la nostalgia del mondo incantato, la tecnica e il nichilismo, sembra attingere a quello che Henri Corbin definisce “mondo immaginale”: quel luogo situato tra il mondo della percezione sensibile e il mondo astratto dell’intelletto; quel luogo reale e visionario dove i corpi si spiritualizzano e gli spiriti prendono corpo. [1]

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